31 ottobre 2014

Il fattore genetico nel decorso di Ebola

La reazione all'infezione del virus Ebola ha una grande variabilità individuale, che dipende in gran parte dal profilo genetico dell'ospite. Questo dato era già stato osservato nei pazienti colpiti dal virus e ora è stato confermato sperimentalmente su topi di laboratorio, che saranno utili per lo sviluppo di terapie(red)

Il profilo genetico individuale gioca un ruolo fondamentale nel decorso dell'infezione da Ebola, come riporta Angela Rasmussen dell'Università di Washington a Seattle, in base uno studio su topi pubblicato su “Science”.

Dall'esperienza clinica maturata nell'ultimo decennio è emerso infatti che alcuni soggetti colpiti dal virus Ebola resistono alla malattia; altri si ammalano, mostrano sintomi moderati e recuperano, altri muoiono per effetto dei sanguinamenti e dell'insufficienza di diversi organi. A che cosa è dovuta questa variabilità individuale all'infezione?

Gli studi hanno mostrato che le differenze non sono dovute ai diversi ceppi di Ebola più o meno virulenti; al contrario, sembra che tutto dipenda dalla capacità di risposta dell'organismo ospite. La verifica di questa conclusione, come la ricerca su una possibile profilassi o una terapia per il virus Ebola, sono state ostacolate dalla mancanza di un modello murino che potesse riprodurre la febbre emorragica tipica dell'infezione umana. Uno dei pochi esperimenti in questo campo riguardava topi di laboratorio, che una volta infettati morivano senza sviluppare sintomi di febbre emorragica.

Il fattore genetico nel decorso di Ebola
Illustrazione di tessuti infettati dal virus Ebola: la grande variabilità delle reazioni individuali si può spiegare ricorrendo alla genetica. (© Laguna Design/Science Photo Library/Corbis)
Per questa ricerca, gli autori hanno impiegato un gruppo di topi geneticamente modificati per studiare i genomi associati alla diversa suscettibilità al virus dell'influenza e li hanno infettati con una forma murina dello stesso ceppo di Ebola responsabile dell'epidemia di quest'anno nell'Africa occidentale.

Dopo i primi giorni, durante i quali tutti i topi sono calati di peso, sono emerse le differenze di reazione tra le diverse cavie su base genetica. Alcuni profili genetici, corrispondenti al 19 per cento dei topi, hanno mostrato una notevole resistenza al virus: non solo gli animali
sono sopravvissuti, ma hanno anche ripreso il peso originario nell'arco di due settimane, senza mostrare segni evidenti di malattia o alterazioni del fegato.

Altri profili genetici, corrispondenti all'11 per cento degli animali, era solo parzialmente resistente e metà di loro è morto a causa della malattia. Il restante 70 per cento dei topi, è andato incontro a febbri emorragiche e disturbi della coagulazione del sangue con un tasso di mortalità superiore al 50 per cento e pari al 100 per cento in alcuni profili.

Gli autori hanno rilevato anche altri segni clinici atipici, come un'infiammazione epatica non accompagnata dai classici sintomi di Ebola, oppure un tempo di coagulazione del sangue troppo lungo, un segno caratteristico della febbre emorragica negli esseri umani. Questi topi avevano anche emorragie interne, aumento delle dimensioni della milza e cambiamento nell'aspetto e del colore del fegato.

“La frequenza delle differenti manifestazioni della malattia per i diversi profili è simile a quella osservata nei pazienti umani nell'epidemia africana di quest'anno”, sottolinea Rasmussen. “I nostri dati indicano che la genetica gioca un ruolo significativo in termini di prognosi”.