Il segreto per crescere figli nell'era digitale? Mai smettere di giocare

Ha preso il via ieri la Social Media Week 2015 di Milano, cinque giorni interamente dedicati al mondo dei social network e della comunicazione digitale. Molti gli appuntamenti della prima giornata, tra i più interessanti quello dedicato all'educazione al digitale e a un uso consapevole e partecipativo della tecnologia, Crescere Geek:...

Ha preso il via ieri la Social Media Week 2015 di Milano, cinque giorni interamente dedicati al mondo dei social network e della comunicazione digitale. Molti gli appuntamenti della prima giornata, tra i più interessanti quello dedicato all'educazione al digitale e a un uso consapevole e partecipativo della tecnologia, Crescere Geek: come insegnare l'uso dei social media e della tecnologia attraverso gioco, programmazione e condivisione.

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Crescere Geek. Foto di Gabriele Stringa[/caption]

I ragazzi sono pronti e allora dobbiamo esserlo anche noi adulti, genitori o insegnanti” rompe il ghiaccio Chiara Burberi, fondatrice di Redooc, la piattaforma web nativa digitale creata per studiare, ripassare e allenarsi sulla matematica delle scuole superiori. “I ragazzi devono percepire che le cose che imparano a scuola sono davvero utili nella loro vita. I ragazzi sono qui e ora. Sono pronti a imparare, e dobbiamo farlo con il loro linguaggio”. È quello che ha avuto modo di scoprire durante i suoi laboratori nelle scuole Chiara, dove evita di utilizzare la parola “gioco” associata alla matematica davanti ai professori. E allora utilizza il termine sport, perché anche con la matematica ci si allena, perché si può competere, e non come geni solitari, ma collaborando, apprendendo con gli altri. In questo modo riesce a far sorridere i ragazzi di fronte la matematica, tanto che non vogliono uscire dalla classe quando suona la campanella. Merito anche della grande passione che riesce a trasmettere per le discipline Stem.

E i genitori? Complici o arbitri? Una cosa è certa secondo le relatrici di questo panel, non devono mai smettere di giocare. Fjona Cakalli, co-fondatrice di Tech Princess, ci racconta come siano stati proprio i suoi genitori a introdurla al mondo dei videogiochi regalandole molto piccola un Nintendo, e ancora adesso condividono insieme a lei questa passione. I videogiochi, per Fjona, non isolano, anzi possono essere uno strumento di condivisione, e coglie l'occasione per consigliare ai genitori di controllare per ogni videogioco il sito del Pegi per sapere il tipo di contenuto e per che età è adatto.

A farci mettere i piedi per terra a contatto con la realtà ci pensa Catriona Wallis - fondatrice di Colto, società che sviluppa app per bambini in età prescolare - nel suo ruolo di imprenditrice e madre di due bambini appassionati di Minecraft. “Ci sono opinioni conflittuali quando sei genitore, perché anche i giochi educativi sono molto addicted. I giochi devono essere regolati. Metto il timer sul dispositivo, perché dopo un’ora vedo gli effetti negativi. Si fa presto a dire i genitori non capiscono, ma a volte giocare troppo non è positivo, va regolamentato. Il tempo che i bambini devono dedicare ai giochi deve essere disciplinato".

Per provare a ribaltare prospettiva Barbara Laura Alaimo porta la sua esperienza di pedagogista e cofondatrice di Coderdojo Milano, sottolineando subito come sia il gioco il principale motore dell’apprendimento, e così deve rimanere. Essere protagonista è il punto fondamentale: non bisogna limitarsi a giocare, ma creare, cambiare approccio. I bambini sono in grado di porsi un obiettivo e raggiungerlo, e il gioco attiva processi collaborativi. “Il gioco farà rivivere l’educazione” conclude.

È un peccato che l’età del gioco finisca con l’infanzia o l’adolescenza” afferma Maria Xanthoudaki - direttore Education & CREI del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci, e curatrice della Tinkering Zone - proseguendo il discorso. “Gli adulti dovrebbero avere esperienza diretta e non smettere mai di giocare. Ognuno di noi, qualsiasi età, dovrebbe essere in grado di avere una propria esperienza e quindi opinione di cos’è il gioco di oggi, mettere le mani sulle cose”.

E alla domanda sull'insegnamento della tecnologia risponde: “La tecnologia non è una materia, è uno strumento. La tecnologia ci consente di essere creatori di contenuti, non solo semplici fruitori. Tutti noi abbiamo conoscenze e misconoscente, abbiamo opinioni e possiamo contribuire anche noi attraverso la tecnologia condividendo con il resto della comunità. Siamo tutti esperti, a modo nostro portiamo conoscenza”.

Tutti d'accordo nel precisare che la tecnologia, quindi, è uno strumento e l’educazione al digitale non è l’educazione ai social media. “La mia autorevolezza non sta nelle mie competenze, ma nello stare affianco ai ragazzi e imparando a imparare sempre. Si deve scegliere se fare lo spettatore o fare il protagonista. Imparare ad apprendere, decidere da soli cosa fare, non aspettare che qualcuno ci dica cosa fare, ci insegni. Offrire delle possibilità, questa è la sfida di noi adulti”, è ancora Barbara Laura Alaimo a mettere il focus sulla parola educazione, piuttosto che su digitale.

E lo fa anche quando Morena Menegatti - giornalista e moderatrice del panel - introduce l'argomento cyberbullismo. “Più che di prevenzione mi piace parlare di promozione. Bisogna far vedere rischi e potenzialità: i vari approcci preventivi, per tutto, sono fallimentari. Si veda per esempio le campagne anti fumo. Bisogna far vedere le cose belle che utilizzando una cosa in un altro modo stai sprecando. Mai demonizzare gli strumenti, bisogna confrontarsi con i ragazzi sul loro utilizzo”. Il bullismo c’è sempre stato, cambiano gli strumenti e la velocità di propagazione, lo sottolinea anche Monica Secondino, tra le organizzatrici di Girl Geek Dinner Milano.

In panel si conclude parlando di competenze del futuro, creatività, flessibilità, imprenditorialità, collaborazione, il poter crearsi delle stazioni nuove senza paura. E a una domanda del pubblico sulla cattiva maestra tecnologia Barbara risponde “Occorre crescere una persona integrale: videogioco, sport e aria aperta. Difficile da gestire come genitore, ma anche doveroso. La tecnologia non toglie tempo ad altre cose, ne è un arricchimento. Vince l'et et e non l'aut aut”.