Sta arrivando il momento delle auto a idrogeno?

Toyota ha appena messo in vendita la sua prima auto di serie alimentata a idrogeno, gli investimenti nel settore stanno crescendo: ma c'è il problema del platino

di Andrea Fiorello – @andreafiorello

Il display interno di una Toyoya Mirai in mostra a Tokyo, in Giappone, lunedì 17 novembre 2014. 
(YOSHIKAZU TSUNO/AFP/Getty Images)
Il display interno di una Toyoya Mirai in mostra a Tokyo, in Giappone, lunedì 17 novembre 2014. (YOSHIKAZU TSUNO/AFP/Getty Images)

Dal 15 dicembre la casa automobilistica giapponese Toyota ha messo in vendita la sua prima auto di serie alimentata a idrogeno. Il modello si chiama Mirai – che in giapponese vuol dire “futuro” – ed è una berlina FCV (Fuel Cell Vehicle, veicolo a celle a combustibile) a quattro posti con forma e dimensioni da tipica auto di famiglia. Disponibile per ora solamente in quattro città del Giappone, dal settembre 2015 la Mirai arriverà anche nello stato americano della California e in Germania, in Danimarca e in Regno Unito, mentre altri mercati si aggiungeranno nel 2017.

Negli ultimi anni le case costruttrici stanno investendo molto in ricerca sulle auto alimentate a idrogeno, che sono ritenute sempre di più un’alternativa convincente al motore a scoppio tradizionale e persino alle auto elettriche. La tecnologia a idrogeno, infatti, garantisce emissioni zero in fase di utilizzo – un’auto alimentata con questo gas produce allo scarico solo vapore acqueo – ma non presenta i problemi di autonomia e lunghi tempi di ricarica tipici delle auto elettriche. I (pochi) modelli dotati di questa tecnologia oggi in commercio hanno prestazioni abbastanza simili a quelle di un’auto “normale” e sono in grado di percorrere centinaia di chilometri tra un pieno e l’altro, operazione quest’ultima che richiede circa cinque minuti. I limiti alla diffusione dell’idrogeno, tuttavia, non mancano: il costo delle tecnologie impiegate nelle vetture è ancora molto alto e le infrastrutture per la distribuzione del gas sono quasi assenti.

Per queste ragioni la Toyota Mirai sarà venduta inizialmente in numeri molto piccoli – ora l’auto viene assemblata prevalentemente a mano e la sua produzione per il primo anno non supererà le 700 unità – e in Giappone costerà 6,7 milioni di yen tasse escluse (circa 45 mila euro), cui vanno sottratti 2 milioni di yen (circa 13.500 euro) d’incentivi all’acquisto appena approvati dal governo. Quando arriverà negli Stati Uniti d’America questo modello costerà come in Giappone, mentre per la Germania Toyota ha comunicato che il prezzo sarà di 66 mila euro più IVA.

Le prime auto a idrogeno in commercio
La prima auto a idrogeno omologata per la commercializzazione fu la Honda FCX del 2002, una berlina a tre porte e quattro posti che erogava 107 CV e aveva un’autonomia di 300 km. A partire dal dicembre di quell’anno alcuni esemplari di questo modello (circa una ventina) furono consegnati a enti pubblici e aziende di Giappone e California, mentre il primo cliente individuale fu una famiglia Spallino in California, che nel 2005 prese in leasing una FCX.

Nel 2008 la FCX fu sostituita dalla Honda FCX Clarity, un nuovo modello con prestazioni e autonomia migliorate, che eroga 136 CV e può percorrere quasi 390 km con un pieno di idrogeno. Anche la Honda Clarity è stata concessa in leasing a enti pubblici, aziende e privati: nei sei anni di commercializzazione 45 auto sono state affittate negli USA a 600 dollari al mese (con assistenza, manutenzione e carburante compresi nel prezzo), 10 in Giappone e altre 10 in Europa. Alla fine di quest’anno la Clarity andrà fuori produzione, ma a novembre Honda ha presentato la sostituta FCV Concept, un prototipo del prossimo modello di serie che sarà venduto dal marzo 2016.

L’altra casa automobilistica ad aver messo in commercio un modello alimentato a idrogeno è la coreana Hyundai, che dal febbraio del 2013 vende il suo SUV ix35 FCEV al prezzo di 137 mila dollari (circa 110 mila euro). La Hyundai ix35 FCEV – esternamente identica alle varianti alimentate a benzina o gasolio – eroga una potenza di 136 CV, raggiunge i 160 km/h di velocità massima ed è oggi l’unica auto a idrogeno disponibile in Italia: dal luglio scorso, infatti, alcuni esemplari di questo modello sono offerti in leasing dal Centro H2 Sudtirolo dell’Istituto per Innovazioni Tecnologiche di Bolzano. I privati possono affittare a 870 euro al mese due delle dieci auto presenti per un tempo massimo di tre mesi, le altre otto sono destinate alle aziende, che pagando 1.100-1.800 euro mensili sponsorizzano l’iniziativa dell’istituto e possono personalizzare le auto con il proprio logo.

L’idrogeno erogato dal distributore di Bolzano è a emissioni zero perché viene prodotto utilizzando energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili o dalla sovrapproduzione delle centrali; un pieno di questo gas sulla Hyundai ix35 FCEV garantisce un’autonomia di quasi 600 km, a fronte di un costo al chilometro simile a quello del gasolio (circa 10 euro per 100 km).

Il Centro H2 Sudtirolo è stato realizzato grazie a un finanziamento del fondo europeo per lo sviluppo regionale e fa parte del piano di ricerca europeo HyFive (“Hydrogen for innovative vehicles”), che coinvolge anche le città di Londra, Copenaghen, Monaco, Stoccarda e Innsbruck con l’obiettivo di sostenere lo sviluppo delle infrastrutture dell’idrogeno. Questo progetto, cui collaborano le case automobilistiche Toyota, Honda, Hyundai, BMW e Daimler, prevede la costruzione di altre sei stazioni che riforniranno un centinaio di auto a celle a combustibile progressivamente messe a disposizione di cittadini, enti pubblici e aziende.

Come si produce l’idrogeno
L’idrogeno non è una fonte di energia ma un vettore, cioè un mezzo che – come l’elettricità – trasporta l’energia immagazzinata quando è stato prodotto. La sua molecola H2, utilizzata in numerosi processi industriali, può essere ottenuta in due modi: tramite gassificazione (anche detta steam reforming) o elettrolisi.

Il processo di gassificazione – quello oggi più diffuso – utilizza acqua (H2O) e metano (CH4) o altri combustibili fossili, che fatti reagire ad alte temperature si convertono in idrogeno (H2) e anidride carbonica (CO2). L’elettrolisi invece, che è usata nel centro di Bolzano come da altre parti, applica corrente elettrica alle molecole d’acqua (H2O) per convertirle in idrogeno e ossigeno.

La gassificazione produce CO2 di scarto, ma in questo processo la generazione dell’anidride carbonica avviene in maniera controllata, all’interno di un sistema chiuso. Gli studenti del Team H2PolitO – un gruppo di allievi delle facoltà d’ingegneria del Politecnico di Torino che realizzano prototipi di veicoli a idrogeno e ibridi per competizioni internazionali di efficienza energetica – pongono l’accento proprio sulla possibilità di poter controllare le emissioni anche nella gassificazione, una caratteristica chiave dal punto di vista della sostenibilità ambientale. In questo senso, la diffusione dell’idrogeno permetterebbe di sostituire milioni di fonti di CO2 che circolano incontrollate per le strade – le auto alimentate a combustibili fossili – con centri di produzione dove il gas inquinante può essere veicolato e riutilizzato per lavorazioni industriali, senza disperdersi nell’ambiente.

Giappone e California in prima linea
Il Giappone è la nazione che sta investendo di più nell’uso dell’idrogeno come fonte di energia: poiché il disastro nucleare del 2011 di Fukushima ha fatto aumentare le importazioni di petrolio e sollevato il problema dell’autonomia energetica nazionale, il primo ministro Shinzo Abe ha cominciato a fare pressione affinché si formi una nuova “società dell’idrogeno”. L’approccio giapponese non considera l’idrogeno solo un carburante per auto, ma un prodotto energetico come un altro, ottimo per immagazzinare l’energia prodotta in eccesso e utilizzarla in qualunque maniera, dai trasporti al riscaldamento degli edifici.

Toyota crede fortemente nell’idrogeno e sta investendo molto in questa direzione, ma a differenza della tecnologia automobilistica ibrida – che la casa giapponese ha spinto prima di tutti gli altri costruttori – in questo caso la mancanza d’infrastrutture non dà la possibilità di fare da soli. Uno degli ostacoli all’uso dell’idrogeno come vettore di energia, infatti, è l’assenza di distributori: oggi in Europa le stazioni che erogano idrogeno sono appena ventisette e a queste se ne aggiungeranno altre venti entro la fine del 2015, ma gli alti investimenti richiesti per realizzarle (almeno un milione di euro) e la piccola quantità di auto in circolazione non le rendono economicamente sostenibili. Anche per questo motivo la California, uno degli stati più avanzati in termini di attenzione alle problematiche ambientali, ha avviato un programma d’investimenti statali che entro il 2020 mira a portare da nove a cento i distributori d’idrogeno presenti sul suo territorio.

Lo sviluppo delle infrastrutture aiuterà la diffusione delle auto a idrogeno e viceversa, ma l’espansione del circolo virtuoso richiederà tempo. I produttori di auto lo sanno: lo stesso presidente di Toyota Takeshi Uchiyamada prevede che la produzione di auto a idrogeno della casa giapponese raggiungerà le decine di migliaia solo nel prossimo decennio, un numero irrilevante a livello industriale per un gruppo che costruisce circa dieci milioni di veicoli l’anno. Gli analisti di IHS Automotive sono più pessimisti e prevedono che la produzione annua di auto a idrogeno sarà di 5 mila auto nel 2019 e non supererà le 15 mila unità fino al 2025.

Come funziona un’auto a idrogeno
Il sistema che muove le auto FCV disponibili in commercio è composto di cinque elementi fondamentali: serbatoi ad alta pressione per l’idrogeno, celle a combustibile di tipo PEM (Proton exchange membrane, membrana a scambio protonico), convertitore di potenza, batteria e motore elettrico.

L’idrogeno è immagazzinato sottoforma di gas ad alta pressione (700 bar) all’interno di serbatoi rinforzati, che evitano la dispersione delle sue piccolissime molecole. Poiché l’idrogeno come tutti i combustibili è altamente infiammabile, le auto sono dotate di sensori di sicurezza che ne rilevano la fuoriuscita e di tecnologie specifiche che prevengono la rottura dei serbatoi in caso di incidente. Il gas alimenta il pacco celle, costituito da numerose celle a combustibile che producono circa 0,7 Volt ciascuna.

auto idrogeno Toyota Mirai

Per ottenere la potenza e il voltaggio desiderato, più celle sono disposte in serie a formare i cosiddetti “stack”. L’insieme degli stack, che nella Toyota Mirai ha una potenza totale di 114 kW (155 CV), genera corrente elettrica tramite un processo in tre fasi:

1. L’idrogeno allo stato gassoso raggiunge l’anodo, che contiene un catalizzatore di platino. Qui il gas si divide in ioni a carica positiva ed elettroni con carica negativa;

2. La membrana polimerica al centro della cella PEM può essere attraversata solo dagli ioni positivi, mentre gli elettroni con carica negativa vengono fatti viaggiare su un circuito esterno verso il catodo generando una corrente elettrica;

3. Sul catodo, gli elettroni e gli ioni con carica positiva si abbinano all’ossigeno presente nell’aria – che è stata convogliata dall’esterno dell’auto verso le celle – e formano vapore acqueo (H2O), poi espulso come unico prodotto di scarto.

Il convertitore di potenza ha il compito di aumentare la tensione generata dal pacco celle fino al voltaggio corretto per il funzionamento del motore elettrico, mentre la batteria conserva l’energia prodotta dai sistemi di frenata rigenerativa e offre una spinta aggiuntiva in accelerazione inviando energia al motore.

Oggi nell’auto a idrogeno una batteria – seppure più piccola di quelle delle auto elettriche – è necessaria perché le celle a combustibile hanno un funzionamento progressivo e non immediato, cioè non riescono a tenere il passo delle improvvise accelerazioni richieste durante la guida. Il sistema nel complesso è molto più efficiente dei motori a combustione interna e non produce CO2 né altri agenti inquinanti. Inoltre avendo un motore elettrico, l’auto a idrogeno è silenziosa come quella elettrica, ma non ha gli stessi problemi di autonomia né richiede lunghi tempi di ricarica.

L’impatto ambientale totale di un’auto a idrogeno – il sistema “well-to-wheel” che tiene conto di tutta la filiera energetica – è molto variabile e dipende da come viene prodotto, immagazzinato e distribuito il gas, ma i punti di forza di questa tecnologia vengono dalla sua versatilità (il gas può essere prodotto da molte fonti diverse, conservato e trasportato con camion o tubature) e dal fatto che la produzione delle batterie e lo smaltimento del litio contenuto in esse hanno un costo e un impatto ambientale superiore rispetto a quelli del platino utilizzato nelle auto FCV.

Il platino è un metallo prezioso necessario per separare protoni ed elettroni dell’idrogeno e il suo costo molto alto è uno dei limiti principali alla sostenibilità commerciale delle auto a fuel cell. I produttori di celle a combustibile e le case automobilistiche stanno investendo nella ricerca per realizzare componenti che utilizzino sempre meno platino, ma lo sviluppo di nuove tecnologie richiede tempo e per ora l’auto a idrogeno resta un prodotto che non può fare concorrenza alle auto alimentate con derivati del petrolio. È quello che pensa Pat Cox, un politico irlandese già presidente del Parlamento europeo che in un recente discorso pubblico ha sostenuto che Toyota perderebbe tra i 50 mila e i 100 mila euro per ogni Mirai venduta.