28 ottobre 2014

Una nuova teoria per le origini della vita complessa

L'evoluzione dalle semplici cellule procariote, come quelle dei batteri, alle cellule eucariote, la base di tutte le forme di vita complessa, sarebbe avvenuta seguendo un processo di aggregazione tra microrganismi unicellulari ancestrali, non in seguito a simbiosi, come invece previsto dalla teoria più accreditata in questo campo(red)

Le cellule alla base di ogni forma di vita complessa, le cosiddette cellule eucariote, si sarebbero evolute da cellule più semplici, le cosiddette cellule procariote, in modo ben diverso rispetto a quanto afferma la teoria attualmente più accreditata. Avanzata nelle sue linee essenziali da Lynn Margulis nel 1967, questa teoria afferma che le cellule eucariote, composte da numerosi organelli e da un nucleo dotato di una propria membrana interna, si siano sviluppate in seguito a un processo di endosimbiosi, cioè all'adattamento alla vita all'interno di una cellula procariote, come un batterio (o più probabilmente di un archeobatterio), di altri organismi unicellulari. (Gli archeobatteri si differenziano dai batteri per un meccanismo di trascrizione dei geni leggermente diverso e per il loro metabolismo.)

La teoria della Margulis offre una buona spiegazione della formazione dei mitocondri, che hanno un DNA distinto da quello della cellula che li ospita, segno del fatto che un tempo erano organismi separati e autonomi. Tuttavia, la stessa teoria non chiarisce l'origine degli altri organelli cellulari, come il reticolo endoplamatico e l'apparato di Golgi, né la presenza della membrana del nucleo, né l'assenza di forme cellulari intermedie dotate di alcuni ma non di tutti gli organelli delle cellule eucariote.

Una nuova teoria per le origini della vita complessa
Schema dell'evoluzione della cellula eucariota da quella procariota secondo la teoria di David e Buzz Baum. (Cortesia D. A. Baum, Buzz Baum)
Queste difficoltà, osservano i cugini Buzz e David Baum, rispettivamente dello University College di Londra e dell'Università del Wisconsin, che firmano un articolo su “BMC Biology”, possono essere superate se si immagina un processo inverso, descritto dalla teoria che i due scienziati chiamano “inside-out”. Il nome è dovuto al fatto che secondo la nuova teoria gli eventi determinanti per la formazione della cellula eucariota siano avvenuti al di
fuori dei “confini” della cellula ancestrale e non al di dentro.

La differenza tra la teoria dell'endosimbiosi e quella dell'inside-out è spiegata da David Baum con una metafora: "Una cellula procariota può essere immaginata come una fabbrica composta da un grande edificio aperto in cui manager, operai, impiegati, inservienti lavorano tutti fianco a fianco; una cellula eucariotica è invece come un complesso industriale composto da spazi di lavoro diversi collegati: un'unica sala di controllo e diverse sale specializzate per ricezione,  produzione, trasporto, smaltimento dei rifiuti. Le teorie tradizionali propongono che il complesso industriale sia sorto quando all'interno di un singolo grande edificio sono state costruite diverse partizioni. La teoria inside-out, al contrario, immagina che intorno a un edificio centrale originario, poi diventato la sala di controllo, sia stata aggiunta una serie di ampliamenti, con il progressivo trasferimento di molte funzioni nei nuovi spazi specializzati."

Secondo i Baum, tutto sarebbe iniziato con un archeobatterio la cui membrana era dotata di protuberanze bollose, in cui potevano rimanere intrappolati batteri. Grazie all'energia acquisita stando a stretto contatto con questi batteri e allo sfruttamento di lipidi di derivazione batterica, questi archeobatteri sarebbero stati in grado di ingrandirsi e creare protuberanze di maggiori dimensioni.

Dalla fusione di protuberanze fra loro vicine sarebbe quindi nata la membrana cellulare mentre dalla parte esterna della membrana ai lati delle protuberanze si sarebbe formato il reticolo endoplasmatico e da quella interna la membrana esterna del nucleo. La membrana esterna originale dell'archeobatterio invece sarebbe diventata quella che chiamiamo membrana nucleare interna.

Un aspetto interessante della teoria, osservano gli autori, è che permette di fare previsioni sulla struttura biomolecolare degli organelli che possono essere testati nelle cellule attuali.