I social e l'amore, un rapporto complicato

Uno studio su Twitter rivela: chi lo usa molto è più soggetto a lasciarsi o divorziare. Ma è solo l'ultimo tassello di una selva d'indagini sul legame fra sentimenti e piattaforme sociali che servono a poco

Se usi Twitter in modo continuo e attivo potresti essere più soggetto a tradire il tuo o la tua partner e, se siete sposati, a divorziare. Un uccellaccio, quel passerotto, più che un celestiale uccellino. Detta così sembra un’affermazione abbastanza priva di senso. Non che lo studio da poco pubblicato sulla rivista online Cyberpsychology, Behavior, and Social Networking ne aggiunga molto, a dire il vero. Anche perché è stato realizzato chiedendo ad appena 581 contatti su Twitter fra i 18 e i 67 anni, tutti arruolati attraverso due soli account, di compilare un questionario in cui si domandava loro quanto usano il social di Jack Dorsey, quanto twittano, quanto spesso rispondono, quanti messaggi diretti spediscono e quanto tempo perdono a scrutare la timeline. Cose così, nulla di altamente scientifico. Ma in fondo contiene qualche spunto di un certo interesse.

Russel B. Clayton, dottorando alla Scuola di giornalismo dell’università del Missouri, sostiene che se “un elevato uso di Twitter conduce a un altrettanto elevato numero di conflitti legati al social, per esempio su argomenti legati all’uso della piattaforma da parte del partner, è plausibile ipotizzare che questi contrasti possano condurre a conseguenze negative come litigate, rotture o addirittura divorzi”. Come dire che se al ristorante vi accapigliate sempre sull’ordinazione dell’antipasto o sul tipo di vino, allora è probabile che rientrando a casa, in macchina, la faccenda rischi di allargarsi e buttare giù i punti fermi della vostra relazione. Un bel po’ tirata, la deduzione.

Per dare un fondamento un po’ più solido al suo lavoro, l’autore si appoggia (brutta cosa l'autocitazionismo) anche a una sua precedente analisi condotta però su Facebook. Dove arrivava più o meno alle stesse conclusioni, salvo che il quel caso le conseguenze peggiori sembravano averle coppie che stavano insieme da tre anni o meno. Le più fresche, insomma, evidentemente poco in grado di sopportare cascate di selfie e ubriacature di tag. Stavolta, invece, la twittocrisi sembrerebbe colpire senza differenza di longevità amorosa.

Indagini di questo tipo si susseguono ormai da anni. In una scivolosissima terra di mezzo fra scienza e giornalismo, divulgazione e approfondimento, titoli facili e sviluppi in parte diversi da quello che in realtà lascerebbero pensare. Di recente, per esempio, anche il magazine Time ha indagato sul tema dei sentimenti online, scoprendo che i maschi condividono alcune sensazioni più con i propri contatti in giro per il mondo che con le persone che amano. Blocchi psicologici rispetto alla vita reale, insicurezze, edonismo, esibizionismo: fra i risultati di queste ricerche, oltre a un tema d'indagine spesso fumoso, c’è tutto e niente. E probabilmente, sia chiaro, anche molto di vero. A partire dal fatto che, come inedito ambiente evolutivo ancora allo stadio embrionale, quello dei social network conduca senz’altro a modifiche dei propri atteggiamenti e delle dinamiche che li guidano. Ma anche questo passaggio è clamorosamente lapalissiano: come dire che per andare al mare bisogna vestirsi diversamente che per un'escursione in montagna. Sì, e poi?

Un’altra analisi, questa un po’ più solida, del Pew Research Internet Project dello scorso febbraio raccontava per esempio che il 41% dei ragazzi fra 18 e 29 anni ritiene che le piattaforme digitali abbiano consentito un’evoluzione positiva del proprio rapporto e il 23 dice di aver usato questi strumenti per risolvere alcune difficoltà che non sarebbe stato in grado di affrontare faccia a faccia.  Versante positivo, quindi? Sì e no. Venendo in Italia, un altro documento, diffuso dal sito d’incontri AshleyMadison.com – dunque non esattamente dalla Nasa – ci ha svelato che a fronte di un solo rapporto sessuale gli italiani fanno sexting almeno 7/10 volte a settimana. In sostanza si scambiano foto e messaggi a sfondo erotico. Che questo possa condurre a un aumento dei tradimenti non c’è dubbio. Quanto, come, in che misura e se effettivamente accade è tutto un altro discorso. Insomma, siamo ancora alla fase della ricognizione generale e poco più.

Più che una sequela di rapportini, indagini, resoconti, sgangherate statistiche buone per qualche simpatico titolo (“Troppo Twitter? Occhio alle corna” e via sghignazzando) servirebbe invece un’operazione colossale. Un lavoro pluriennale, alla Kinsey e oltre, che sfidi pregiudizi, convezioni e convinzioni che in questi anni si sono creati sui social network. Andando davvero a verificare, con metodo scientifico e su gruppi rappresentativi delle comunità internazionali, in che modo vivere parte della nostra esistenza in un nuovo ecosistema di valori e linguaggi abbia mutato fattezze alla concezione delle relazioni umane. Tutto il resto va bene per la pizza con gli amici.