Quanto sono esperti i giudici “esperti” assaggiatori di vino?

Il titolo è un po’ provocatorio, lo ammetto, ma non è mio: è di Robert T. Hodgson, professore emerito di statistica alla Humboldt State University in California che tra il 2008 e il 2009 ha pubblicato alcuni articoli sul Journal of Wine Economics che hanno messo un po’ in agitazione il mondo un po’ autoreferenziale dei concorsi vinicoli, delle guide del vino, dei wine writers, dei punteggi e dei giudici assaggiatori, toccando forse un nervo un po’ scoperto.

Ogni strumento di misura, per quanto sofisticato, commette degli errori. Nei corsi universitari (che ho sempre trovato un po’ noiosi a dire la verità) di “Teoria degli errori” si insegna a distinguerne i vari tipi, a capire che “accuratezza” e “precisione” sono due concetti diversi, e così via.

Ho tra le mani un normale righello e provo a misurare la lunghezza di una piastrella della mia cucina. Se vi dicessi che ho misurato 14.8135 centimetri mi prendereste per un bugiardo. Come avrei potuto con una sola misura dare tutti quei decimali avendo solo un righello con tacche separate da un millimetro? È vero, lo confesso: ho misurato 14.8 cm. O forse era 14.9 non sono riuscito a leggere bene. Il mio righello ha una sensibilità di un millimetro. Pretendere di leggere più cifre decimali non ha senso e quindi la precisione non può essere inferiore a un millimetro. Potrebbe anche non essere l’unico errore commesso: ad esempio durante la stampa il righello di plastica potrebbe essersi dilatato un po’ e quindi i suoi 14 cm in realtà sono 15.

Quando si usa uno strumento di misura si deve essere sempre consapevoli che si commette un errore, e possibilmente avere una stima di questo errore. È questo il motivo principale per cui gli strumenti vanno tarati e verificati al fine di interpretare correttamente i risultati. In più le misure sperimentali vanno sempre ripetute, per poterle valutare statisticamente. E questo è ancora più vero nell’era degli strumenti digitali dove si rischia di dare credito alle troppe cifre decimali. Con il vostro termometro da cucina avete misurato la temperatura del cioccolato a 31.28 °C? Dai, facciamo 31 °C, e probabilmente il valore esatto sta tra 30 °C e 32 °C!

trebicchieriA volte anche gli esseri umani si improvvisano “strumenti di misura”. Guardate quel palazzo laggiù: secondo voi quanto è alto? Beh, contando i piani (si vedono i balconi per cui è facile) e facendo una stima dell’altezza di ogni piano arrivo a circa 15 metri, tenendo conto anche del tetto. Però potrebbe benissimo essere alto 17 metri oppure 13 perché non so esattamente quanto è alto un piano. Sicuramente non è alto 10 metri ma neppure 30. È quindi perfettamente inutile dare la stima dell’altezza con una o due cifre decimali come “secondo me è alto 14,84 metri”.

A volte allo strumento di misura “uomo” viene chiesta una cosa ancora più difficile, come dare un punteggio quantificando delle caratteristiche malamente definite di “bellezza” o di “bontà” o di “gradimento”. Pensate ai concorsi di bellezza ad esempio, oppure alle degustazioni di vino. Il famoso critico di vini Robert Parker ad esempio assegna un punteggio tra 50 e 100 ai vini che assaggia e recensisce. Altri usano scale diversa, a volte usando dei simboli invece che i numeri: chiocciole, bicchieri, medaglie e così via.

Quello che ci si può legittimamente chiedere è quanto siano ripetibili questi giudizi numerici. Se un critico assegna ad un vino 88 punti, che errore è associato a questa “misura”? Ripetendo lo stesso assaggio in cieco come varierà il punteggio? Rimarrà vicino a 88 o risulterà essere molto diverso?

Se per una piastrella esiste un valore “esatto” (o “vero” se preferite) sottostante (magari 14.759… cm), e le nostre misure cercano di avvicinarsi, è per lo meno dubbio che possa esistere una cosa di questo tipo per un vino o una candidata a Miss Italia. È quindi forse più corretto interpretare questi punteggi non come una stima di una proprietà intrinseca dell’oggetto -come la “vera” lunghezza della piastrella- ma come una misura approssimata del gradimento dell’oggetto -una bottiglia di Barolo del 1996- da parte dell’assaggiatore in una scala almeno in parte arbitraria.

Non entriamo nel merito di come vengono costruiti questi punteggi, perché è completamente irrilevante per la nostra discussione. Le schede di degustazione possono essere molto semplici o tenere conto di molti parametri entrando nel dettaglio di acidità, aromi percepiti, retrogusto, colore e così via. Ma in realtà tutto questo non ci importa ai fini della discussione. Quello che ci chiediamo è quanto siano ripetibili questi giudizi. Se con il mio righello misuro più volte la piastrella, otterrò quasi sempre dei valori tra 14.7 e 15 (poiché non è sempre facile posizionare il righello all’inizio della piastrella e leggere bene tra quali tacche finisce il bordo).

Se un critico assegna ad un vino 88 punti, che errore è associato a questa “misura”? Ripetendo lo stesso assaggio in cieco come varietà il punteggio? Rimarrà vicino a 88 o risulterà essere molto diverso? Possiamo immaginarci un esperimento ipotetico: l’esperto assaggia in cieco -senza cioè sapere che cosa sta assaggiando- per tre volte questo vino, mescolato ad altri, senza sapere che cosa gli viene offerto. Che voti assegnerà a quel vino sempre identico? Sarà una serie come (88,86,89) oppure (88,94,75) ? Saranno tutti valori vicini a 88, come nel primo caso, oppure potranno variare anche considerevolmente, come nel secondo? E di quanto?

Entra in scena Robert Hodgson

Hodgson, oltre che professore di statistica, è anche un piccolo produttore di vino (alla Fieldbrook Winery). Si chiedeva da tempo come mai il suo vino a volte vincesse una medaglia d’oro ad un concorso vinicolo mentre in un’altra competizione lo stesso vino non venisse neppure  menzionato. Dipendeva dalla variabilità delle bottiglie di vino oppure dalla variabilità delle opinioni dei vari giudici?

Dice Hodgson:

Cosa ci aspettiamo da un giudice di un concorso vinicolo? Prima di tutto che sia consistente, perché se il giudice non dà un giudizio molto simile ad un vino identico assaggiato in circostanze identiche, che valore può avere la sua raccomandazione?”

Nella primavera del 2003 Hodgson contatta G.M Pucilowski, giudice capo della “California State Fair wine competition” (il concorso vinicolo della fiera dello Stato della California), la più antica e importante manifestazione vinicola della California a Sacramento, proponendo un'analisi indipendente dell'affidabilità dei suoi giudici, tutti selezionati tra produttori di vino, commercianti, critici professionisti, giornalisti del settore, professori di enologia e viticoltura. Tutti professionisti che potremmo genericamente indicare come “esperti”, e che in più hanno anche superato un corso di valutazione sensoriale del vino dell’Università della California. In questa manifestazione ogni anno vengono giudicati circa 3000 vini californiani usando 16 panel di quattro giudici.
Dal 2005 al 2008 sono stati esaminati tra 65 e 70 giudici ogni anno. In ogni sessione di assaggi in cieco ogni giudice riceveva 30 vini. Alcuni di questi però erano campioni in triplice copia versati dalla stessa bottiglia. Hodgson voleva misurare la consistenza dei giudici: la capacità di replicare i loro punteggi assaggiando lo stesso vino. Questa, sostiene Hodgson, è una sorta di misura dell'”errore sperimentale” del giudice.

Il punteggio assegnato da ogni giudice ai vari vini, espresso sotto forma di simboli e trasformato in una scala numerica tra 80 e 100, è stato registrato di modo indipendente, prima cioè che potesse essere discusso con gli altri giudici del panel, in modo tale da evitare possibili contaminazioni del giudizio.

È importante notare che la “consistenza” non è l’unico criterio considerato importante in un concorso. Un ruolo fondamentale, ma lo vedremo in un articolo futuro, è anche la “concordanza”: l'accordo di giudizio tra assaggiatori diversi su uno stesso vino. Hodgson definisce un giudice “affidabile” se è sia consistente (entro certi parametri) che concordante con altri giudici.

I risultati

I risultati hanno sorpreso Hodgson. Tipicamente i giudizi sullo stesso vino, da parte dello stesso assaggiatore, variavano di +/- 4 punti, su 20 disponibili. Tuttavia solamente un giudice su dieci è stato sempre consistente, replicando tutti i suoi giudizi con una deviazione massima di +/-2 punti. All’estremo opposto il 10 per cento dei giudici ha mostrato variazioni di 12 punti su 20 disponibili. Nel 18 per cento degli assaggi il giudizio è stato replicato perfettamente, tuttavia questo è capitato tipicamente con vini a basso punteggio. In altre parole i giudici sono stati consistenti nell’apprezzamento negativo di un vino.

Il vino numero 3 ad esempio, in tutti i suoi 3x4=12 assaggi in un panel ha ricevuto sempre lo stesso voto: 80, il minimo. In questi concorsi significa che il vino è senza personalità, banale, per nulla interessante, o addirittura mediocre. Invece al vino 2 il primo giudice ha assegnato i punteggi 80, 90 e 96 in tre assaggi diversi -sempre durante la stessa sessione- mentre il quarto giudice invece è stato più consistente con un 84, 82, 82.

Una domanda che viene spontanea a questo punto è se questo tipo di variabilità sia casuale o se sistematicamente i migliori giudici di un concorso lo sono stati anche negli anni successivi per una loro qualità intrinseca. Questo aprirebbe la strada, ad esempio, e volendo, alla selezione dei migliori giudici. Lo studio di Hodgson però mostra che questo non è necessariamente vero. Un giudice che si è dimostrato particolarmente consistente nel 2005, ad esempio, non sempre lo era nel 2006 o viceversa. Questo significa che, almeno per alcuni giudici, la consistenza è stata più o meno casuale.

Come ha reagito il mondo del vino a questi studi? Ovviamente hanno generato molte polemiche e svariate prevedibili risposte piccate, ma anche genuino interesse. È interessante ascoltare l’opinione diretta di G.M.Pucilowski: i professionisti hanno preso molto sul serio i risultati di Hodgson, e pensano siano importanti per migliorare l’affidabilità dei giudici dei concorsi vinicoli. A sentirsi un po’ punti sul vivo invece sono stati soprattutto i “wine writers”: persone che scrivono di vino, su web riviste e giornali, e magari recensiscono vini dando punteggi (ovviamente non con assaggi in cieco ripetuti e quindi poco affidabili per definizione).

https://www.youtube.com/watch?v=qQoy4bX_foM

Scrive Hodgson:

“L’interesse dell’autore negli ultimi quattro anni è stato quello di spiegare la variabilità dei risultati delle competizioni vinicole. Nonostante i dati presentati provengano da una singola competizione secondo l'autore non vi è ragione di pensare che non possano essere di portata più generale.
Lo scopo di questa questo studio è stato di misurare l'affidabilità: l'abilità di un giudice nelle competizioni di vino nel replicare in modo consistente il suo giudizio su vini identici. Con questa misura dovrebbe essere possibile valutare la qualità delle competizioni vinicole usando la consistenza e la concordanza come mezzi per giudicare i panel.”


In effetti, come supponeva Hodgson, risultati simili sono stati trovati anche da Richard Gawel e Peter Godden, due ricercatori australiani che nel 2008 hanno analizzato i dati provenienti da 15 anni di degustazioni di 571 esperti assaggiatori, riscontrando una grande variabilità nella capacità degli assaggiatori di dare giudizi consistenti: solo il 30 per cento degli assaggiatori ha mostrato una consistenza sufficiente. Lo studio, pubblicato sull’Australian Journal of Grape and Wine Research, mette anche in evidenza come gli assaggiatori abbiano più difficoltà a riprodurre i propri giudizi per i vini bianchi rispetto a quelli rossi, dove gli assaggiatori sono più consistenti nei loro giudizi.

Cosa possiamo concludere dallo studio di Hodgson? Alcuni, esagerando, lo hanno usato per sostenere che critici e assaggiatori di vino sono completamente inaffidabili, una “burla”. Bisogna sempre stare attenti però a non leggere in articolo scientifico quello che non è scritto.

Una prima conclusione dei lavori di Hodgson è che una distribuzione numerica dei punteggi così ampia ha comunque ben poco senso, data la poca riproducibilità dei risultati. Sarebbe come pretendere, con il nostro righello, di misurare i centesimi di millimetro.

La seconda conclusione, ma è solo una conferma, è che solamente con degli assaggi in cieco si possono eliminare i pregiudizi dell'assaggiatore. Se ricordate ne avevamo discusso in un vecchio articolo parlando di come il prezzo di un vino influenzava il giudizio.

Una terza conclusione, inevitabile, è che un certo numero di “esperti” di vino non sono in grado di replicare i propri giudizi in modo accettabile, e quindi forse non sono così esperti. La metodologia sperimentale usata da Hodgson permette di scoprire quali giudici sono consistenti e alcuni concorsi, anche in Italia, cominciano ad usare questi metodi statistici per migliorare la qualità dei panel.

Personalmente trovo poi interessante e rassicurante che, in cieco, i vini peggiori siano stati comunque riconosciuti come tali. Questo forse significa che se non posso fidarmi troppo del singolo amico “esperto” quando mi consiglia un vino secondo lui eccellente, se non altro posso fidarmi quando mi indica i vini da non acquistare.

A presto (e buon Vinitaly)

Dario Bressanini

Bibliografia

Hodgson, R. T. (2008). An examination of judge reliability at a major US wine competition. Journal of Wine Economics, 3(02), 105-113.

Hodgson, R. T. (2009). How expert are “expert” wine judges?. Journal of Wine Economics, 4(02), 233-241.

Gawel, R., & GODDEN, P. W. (2008). Evaluation of the consistency of wine quality assessments from expert wine tasters. Australian Journal of Grape and Wine Research, 14(1), 1-8.

Ashton, R. H. (2012). Reliability and Consensus of Experienced Wine Judges: Expertise Within and Between?. Journal of Wine Economics, 7(01), 70-87.

108 commenti RSS

  • considerazioni sui giudizi del vino seguiranno, ma mi preme far notare che se hai un righello con tacche millimetriche, riesci a stimare il mezzo mm.

  • Stimato Bressanini, articolo molto interessante che rende accessibile un tema troppo spesso ignorato (la teoria degli errori) attraverso un tema che di attenzione ne riceve forse troppa (i "giudizi esperti" in ambito vinicolo).

    Descrivendo il lavoro di Hodgson sottolinei il ruolo dell'attendibilita: un giudice attribuisce giudizi simili al medesimo vino?
    Trovo pero' che il tema della "validita'" del giudizio sia ancora piu' interessante: un giudice attribuisce i giudizi sulla base della qualita' del vino?

    Perche' interessante? Perche' permette di capire in che misura il concetto "qualita' del vino" fa riferimento ad una proprieta' oggettiva (o meglio, intersoggettiva) del vino.

    Mi spiego con un esempio.
    Immaginiamo che si possa organizzare una nuova degustazione in cieco.
    Immaginiamo anche, per semplificare, che i giudici siano tutti ugualmente consistenti: al medesimo vino attribuiscono lo stesso punteggio.
    Facciamo assaggiare separatamente a ciascun giudice un campione del medesimo vino. Ciascun giudice attribuisce poi un giudizio da 1 a 10 indipendentemente dagli altri giudici.
    Finito l'esperimento raccogliamo la serie dei giudizi espressi dai giudici.

    La domanda IMHO carica di conseguenze e': quanto variano tra loro questi punteggi? Si tratta del concetto di concordanza cui fai riferimento nel post.

    Ci sono due scenari estremi:
    1. i giudici hanno attribuito giudizi simili al medesimo vino (bassa variabilita')
    2. i giudici hanno attribuito giudizi differenti al medesimo vino (alta variabilia')

    Se i risultati di questo ipotetico esperimento supportassero il primo scenario, potremmo concludere che la concordanza dei punteggi attribuiti da giudici differenti rappresenti la "qualita'' del vino (o comunque una sua proprieta' oggettiva o intersoggettiva: chiedendosi quale si scivola su un altro interessante argomento).

    Se invece i risultati di questo ipotetico esperimento mostrassero una alta variabilita' (giudici diversi danno punteggi diversi allo stesso vino), saremmo costretti a porci delle domande "problematiche" (quanto meno per i cantori della qualita' e per tanti somelier).

    I giudizi di "qualita' del vino" sono aleatori?
    Quando parliamo di "qualita'" di un vino facciamo riferimento a qualcosa che non esiste (o che esiste in tanti modi differenti)?
    Oppure i "giudizi di qualita'" rispecchiano caratteristiche misurabili dei giudici (es. gusti)?

    In ogni caso, grazie per l'ottimo post.

  • Molto interessante. Quindi, se anche l'errore casuale commesso dagli assaggiatori fosse di +/-3 punti su 20, l'unica categorizzazione significativamente corretta sarebbe quadripartire i risultati.
    Ad esempio "Ciofeca (0/3)", "Potabile (4/9)", "Buono (10/16)", "Ottimo (17/20)".
    Con un errore di +/-4 le puoi praticamente solo tripartire (un "6" è indistinguibile da un "12"!). Ma ti immagini poi le recensioni?

  • Fin quando si tratta di "battezzare" un vino d'accordo, il punteggio vale quel che vale, cioè poco più di zero. Però un vino va anche "descritto", e lì tamarrate a parte quale la sfumatura di rosa mammola marcita da tre giorni, un senso a quel che si beve bisogna pur darglielo: il "perché" di un punteggio è sempre più importante del punteggio stesso...

  • la risposta scientifica e corretta a quanto ho sempre affermato.
    Io li chiamo "intenditori di etichetta".

  • Zeb, sono pienamente d'accordo. Preferisco sapere l'uvaggio di un vino e una descrizione sommaria, del tipo "secco ed erbaceo" oppure "morbido e barricato", trovo perfettamente inutile disquisire se sa di amarena selvatica o di durone di vignola: ignobili pugnettate.
    A proposito, nessuno ancora cita "Straziami ma di baci(llus) saziami"? :D

  • "Coerente", Dario, "coerente". La consistenza dei giudici credo vari principalmente in funzione del metodo di cottura :)

  • spesso si assaggiano una trentina di vini e se un campione viene riproposto - magari più d'una volta - le papille gustative non sono più esattamente nello status quo ante e quindi perché stupirsi se il giudizio non è identico?

  • schlaks: certamente. Ma allora ci si puo' chiedere se questo tipo di assaggi con punteggi ha veramente senso. Pero' il punto piu' importante secondo me e' che assaggiatori diversi possono essere piu' o meno consistenti: gli assaggiatori non sono tutti uguali, e secondo Hodgson solo il 30% (tra quelli considerati esperti) sono veramente esperti, cioe' come minimo abbastanza consistenti

  • tanto per capirci, visto che parliamo di numeri: la scheda di valutazione ais attribuisce voti da 1-scadente a 5-eccellente per ognuna delle seguenti voci:
    visivo: aspetto (x1) colore (x2)
    olfattivo: intensita (x1) complessità (x2) qualità (x3)
    gustativo: struttura (x1) equilibrio (x1) intensità (x1) persistenza (x2) qualità (x3)
    armonia (x3)
    quindi un vino che pigli tutti 1 ('nammerda) alla fine avrà un punteggio totale di 20, mentre quello con tutti 5 (l'ambrosia) avrà un punteggio di 100 (raro, ma esiste).
    la scala adottata recita: 60 = sufficiente; 70 = discreto; 80 = buono; 90 = ottimo; > 95 = eccellente.
    il metodo internazionale (union internationale des oenologues) prevede un numero maggiore di voci, ma insomma siamo lì.

  • Uh, faccio ammenda. Sito della treccani alla mano "consistente", per quanto io l'abbia spesso trovato come un classico errore nelle traduzioni affrettate dall'inglese, in statistica è un termine italiano corretto e appropriato.

    Vado a procurarmi uno stecchetto per pulirmi la suola della scarpa.

  • Scusa Dario, ma "consistente" è un termine tecnico? non sarebbe meglio usare "coerente" o "costante"? L'essere umano non solo fa errori ma è quanto di meno coerente si possa trovare, come metro di valutazione! anche un esperto, per esempio, prende il raffreddore o può essere così stanco da prendere delle belle cantonate, quindi addio al giudizio costante. Io trovo che gli assaggi con punteggio siano un po' ridicoli, venitemi a spiegare la differenza tra un 80 e un 82...

  • Io che per il vino sono di gusti abitudinari mi sono accorta molto tempo fa che, a volte due bottiglie dello stesso vino (stessa annata) mi parevano proprio diverse, a volte da un giorno all'altro a volte nella stessa serata.
    Ho sempre pensato avesse a che fare con iper stimolazione delle papille o cose del genere, ma pensavo che gli esperti avessero un sistema per risultare immuni da questa variabilità.
    Un fenomeno strano il gusto.

  • Un somelier che conosco una volta parlando di guide di vini mi ha detto: non esistono vini buoni e vini non buoni, esistono vini che rispettano le caratteristiche che devono avere, e vini che non le rispettano.

    Quindi mi vengono due domande:
    1. quanto un giudice è influenzato dal proprio gusto personale? Non è detto che il barbera più "corretto" sia anche quello che mi piace di più.
    2. come funzionano gli assaggi alla cieca? Mi spiego: se so che sto assaggiando un nebbiolo mi aspetto determinate caratteristiche, se so che sto assaggiando un dolcetto me ne aspetto altre. Ed è vero che un buon giudice distingue questi due vini prima ancora di assaggiarli... ma forse non è così semplice se si parla di vini che provengono dallo stesso vitigno in purezza (nebbiolo, barbaresco, barolo ad esempio). Lo stesso vino potrebbe risultare un buon nebbiolo e un mediocre barolo?

  • Dario, sei tornato sull'argomento vino... sei davvero un tipo temerario. :-)

  • Innanzitutto complimenti per il post, veramente interessante e coraggioso. Andare a 'sfruculiare' gli asssaggiatori di vino è sempre degno di nota.
    Io di lavoro mi occupo di additivi alimentari, soprattutto per l'enologia. Il mio approccio da 'sporco chimico' per valutare la bontà di un lievito, o di un nutrimento per lieviti, enzimi ecc, non mi baso solo sull'assaggio, ma su analisi in gascromatografia con spazio di testa. Cioè faccio analizzare diversi campioni di vini prodotti con e senza aggiunte e con dosaggi differenti, e quantifico i composti aromatici: terpeni ed esteri soprattutto.
    Poi chiaramente si valuta anche sensorialmente, ma si fa sempre con un panel di assaggio ed alla cieca con ripetizioni random, in modo da ottenere un risultato il più attendibile possibile.
    Comunque, riguardo agli assaggiatori di vino, che siano sommelier o di altre parrocchie, ne ho conosciuti di bravissimi (uso dire che hanno un nas-cromatografo) e di veramente poco attendibili, come è naturale parlando di esseri umani.

  • @schlaks: quando lavoravo nel laboratorio di metrologia, non potevo stimare la mezza tacca. dovevo decidere se l'ago era più vicino alla tacca del valore inferiore o a quella del valore superiore. O sennò cambiare strumento... ;-)

  • @giulielmo
    le mappe catastali tipicamente sono in scala 1:2000; con un righello di sufficiente qualità e graduazione in mezzi millimetri, eventualmente usando acconcia lente d'ingrandimento, si stima alquanto bene il quarto di mm (0,25 mm); tenendo conto che la larghezza (impropriamente definita spessore) delle linee dividenti tracciate sulla mappa è circa 0,2 mm la precisione così raggiungibile è più che sufficiente; il difficile è far capire al cliente che questo margine d'incertezza nella realtà vale circa mezzo metro.

  • Caro Dario, complimenti per l'articolo che ho trovato molto interessante. Scrivo perchè mi preme far notare come la valutazione del vino in termini di punteggio sia un concetto che negli ultimi anni è stato rivisto anche nel mondo degli esperti.
    Alcune guide, vedi ad esempio Slow Wine, proprio in virtù della attendibilità a volte scarsa dei punteggi, hanno rinunciato ad esprimere il valore di un vino sulla base di un punteggio numerico lasciando solo la descrizione del profilo sensoriale del vino e segnalando quelle ritenute eccellenze con appositi simboli (la chiocciole, ecc....) Ed hanno puntato su altri aspetti: lo slogan buono pulito e giusto ha portato persino ad escludere dalle guide i vini (peraltro ottimi) di un produttore per il fatto che aveva espresso un commento razzista nei confronti del ministro Kyenge.
    Anche alcune guide più tecniche come Duemilavini dell'AIS (almeno fino allo scorso anno) recavano accanto al giudizio numerico una descrizione approfondita dei profili visivo olfattivo e gustativo di un vino consigliando anche gli abbinamenti corretti.
    Nel mondo americano, invece, i punteggi la fanno ancora da padrone ma questo potrebbe essere frutto di una cultura del vino non ancora completamente radicata oltreoceano.
    In ogni caso trovo troppo condizionante e riduttivo racchiudere il valore di un vino in un semplice numero: se devo sceglierne uno lo faccio sulla base delle caratteristiche illustrate nella guida e non del punteggio che ha ricevuto. Il punteggio, in sostanza, mi appare solo come una semplificazione utile a fini più commerciali che di valore.
    In fondo un vino mediocre ben abbinato al cibo, dal mio punto di vista, sarà sempre migliore da bere di un grande vino male abbinato.

  • ...magari mezzo metro di vigna!

  • Non ho letto la ricerca ma vorrei comunque sollevare un problema di fondo. Quando si traducono variabili qualitative in quantitative, nasce il problema della scala...che non è oggettiva fra soggetti diversi. Se viene assegnata una scala da 1 a 10 a soggetti diversi non significa che stanno automaticamente usando lo stesso metro. Ci sarà chi utilizzerà solo valutazioni comprese fra 4 e 8 e chi per esempio userà sistematicamente valutazioni comprese fra 3 e 10 e via così. Non credo di dover nemmeno argomentare tecnicamente perchè: siamo stati tutti a scuola e a tutti sarà capitato che a parità di scala, professori diversi davano sistematicamente giudizi più negativi che positivi e viceversa. O professori che davano un 8 solo in via del tutto eccezionale.
    Questo comporta che giudici diversi hanno varianze soggettive diverse: i più severi e con una scala ridotta risulteranno apprentemente più consistenti di chi usa l'intera scala (questo perchè attribuiscono punteggi su una scala molto ridotta, mentre la varianza è comunque calcolata su una scala comune). Quindi anche le comparazioni per misurare la "concordanza" sono "biased".

  • @schlaks
    Parlavo di metrologìa meccanica o elettronica, mV o microM cioè dove ho lavorato io. Al difuori sono un asino... ;-)

  • Gennaro De Gregorio 7 aprile 2014 alle 18:04

    Dico la mia. Nel caso dei vini come per altre valutazioni soggettive, non esitono esperti. Il gusto è un fatto strettamente personale, ciò comporta appunto che giudizi sulla qualità non hanno senso se nonsu base statistica. Una cosa è più buona, quante più sono le persone la gradiscono, punto.

  • @bokonon
    qualche post più sopra leggi la scala che utilizza ais: è vergognosamente semplice e dovrebbe evitare quello che paventi tu.
    ci sono 11 voci, che richiedono un voto da 1 a 5; cinque voci hanno moltiplicatore 1, tre hanno moltiplicatore 2 e le altre tre hanno moltiplicatore 3.

    * * *

    però, fatemi capire: al posto dei voti preferireste un giudizio di questo tipo (mi cito così senza parer):

    visionario questo vigna del picchio 2007 di rinaldini, e mi spiego – se ci riesco.

    metti lambruschi, ancellotta e maestri – siamo, te lo ricordo, nella piana reggiana ormai calatrava/ta – e vinifica fermo come un sasso.

    attendi in botte piccola e poi in bottiglia.

    speziato, sapido, quasi carnale: questo è.

    per i miei cinque lettori, tutti amici, va bene così: mi conoscono, si fidano; ma per un ipotetico pubblico avido di sapere?

  • Credo ci sia una netta diversità culturale tra americani ed europei. Prendete esempio dallo sport, ad es., dallo sci. Per gli europei una gara di sci è sempre stata la misura di un tempo intercorso per andare da un punto (partenza) ad un altro (arrivo). Con gli americani si sono invece introdotte tante gare (gobbe, salti, half pipe, ecc) che si basano sul giudizio di alcuni giudici. Trovo quindi molto americano dare un punteggio assai particolareggiato al vino: come disse qualcuno, che differenza c'è tra 82 e 80? Molto meglio stare sul vago, dando giudizi che comunque non sono quantitativi: buono, mediocre, eccellente, ecc, e che dipendono sempre da uno strumento di misura (l'uomo) la cui affidabilità, precisione e taratura non è misurabile nè controllabile, se non a posteriori. Quindi i giudizi andrebbero presi sempre con molta circospezione. Inoltre, il nostro giudizio risente dell'aspettativa che abbiamo: se mi presentano un brunello o un barolo, devo trovarli sempre ottimi, altrimenti qualcuno potrebbe offendersi, o potrebbe dirmi che non capisco nulla, se mi presentano una barbera posso anche esprimere un giudizio negativo, senza che nessuno si scandalizzi. Ma soprattutto, come diceva un professore di enologia ad Agraria di Torino, ricordatevi sempre che in quella bottiglia c'è il lavoro di un anno di una persona: non può essere giudicato da un semplice numero.

  • Sì, naturalmente il post di Dario è inappuntabile. Però volevo sottolineare alcuni aspetti che secondo me caratterizzano la "macchina degustativa uomo". Agli inizi della mia carriera enologica ho seguito con particolare attenzione i miei colleghi nel corso di degustazioni che capitava di fare insieme, proprio per cercare di acquisire la "tecnica". Da quelli più esperti cercavo chiaramente di carpire le correlazioni tra quelle che erano le mie sensazioni ed i descrittori che esprimevano. Da quelli meno esperti, dai miei "pari" insomma, cercavo di intuire se ci fosse qualcuno più dotato dal punto di vista olfattivo rispetto a ciò che sentivo io. Insomma, dopo aver conosciuto una certa "fauna" nei degustatori di vino sono arrivato alla conclusione che quando incontri un esperto, il 20% è tecnica (capacità olfattive, esperienza), l'80% è personalità, ovvero carisma, capacità di imporre il proprio giudizio, abilità nel trovare la parola giusta o il descrittore ad effetto per esprimere una sensazione. Insomma, il degustatore più "bravo" è quello più sicuro di se, quello che dimostra competenza e formula un giudizio (anche attraverso i numeri, dunque) senza mettersi in discussione.

    Perché dico che la tecnica ha un così basso peso nella formulazione del giudizio su un vino? Perché per esperienza personale posso confermare che le variabili che condizionano il risultato di una degustazione sono tantissime. La temperatura del vino e dell'ambiente. Le condizioni di salute del degustatore, il suo stato psicologico, i suoi gusti personali (è possibile immaginare un giudizio oggettivo su un qualcosa che non ti piace? o che ti piace tantissimo?), la sua cultura di base (io degusto in modo diverso da un somellier, perché quando metto un vino in bocca io lo vedo come una miscela di acqua, etanolo, acido tartarico, acido malico o lattico, glicerina, polifenoli, terpeni, esteri, fenoli volatili, ecc. e quindi ragiono tentando prima di quantificare i diversi componenti ed infine il grado di armonia che li lega), la sua esperienza (io potrei dare un giudizio su Friulano, Sauvignon, Merlot, ma su Brunelli e Baroli rischierei di dire sciocchezze, avendone bevuti pochissimi).
    Mi capita, ad esempio, degustando anche quotidianamente una stessa vasca nella mia cantina, di sentire ogni giorno un vino diverso: un giorno mi piace, un giorno no, un giorno sento l'alcolicità, il giorno dopo sento l'acidità pungente, e così via.

    Conclusione che va naturalmente a confermare il senso del post di Dario. Il giudizio degli esperti va SEMPRE considerato con scetticismo. L'unico approccio interessante con il vino è quello di "tastare" le bottiglie insieme agli amici, confrontarsi, ma costruendosi un proprio gusto personale orientato al puro piacere. Stop.

  • W Nicola!!!

  • angelo carrillo 7 aprile 2014 alle 22:42

    Lei non ha mai partecipato a una degustazione di vini. Non sa di cosa parla

  • Non ho capito bene questa frase :

    "Tipicamente i giudizi sullo stesso vino, da parte dello stesso assaggiatore, variavano di +/- 4 punti, su 20 disponibili."

    Ma perché i voti disponibili sono solo 20 se in realtà i voti si esprimono su scala 100 ?

    Su scala 100, un'incertezza di 4 punti non è mica da buttare via...

  • il mio commento è in attesa di essere approvato
    ;-)

  • emanuele (minuscolo) per tradizione li esprimono da 80 a 100. L'idea e' che sotto 80 un vino non sia neanche degno di andare ad un concorso :) Non credo ci sia una metodologia condivisa per dare i punti. In italia a volte i punti vanno da 0 a 20 ma in realta' poi sono molto piu' accorpati verso l'alto. In altri concorsi o degustazioni i punteggi sono ancora diversi.

  • angelo carrillo: come diceva il giudice Pucilowski gli assaggiatori professionisti hanno preso molto sul serio questi studi. I dilettanti invece si sono un po' offesi. Lei di che categoria fa parte? In ogni caso se mi spiega esattamente cosa non ha capito posso provare a spiegarglielo con parole piu' semplici (oppure se sa l'inglese puo' andare direttamente a leggere gli articoli in bibliografia)

  • angelo carrillo, lei non ha mai partecipato. Non sa.

  • ...io credo che, se non il primo, il secondo sorso sia sufficiente ad anestetizzare le papille, per il resto non ho mai creduto a tutte quelle sceneggiate : fruttato, muschiato (se esiste) e così via!

  • come in politica, "vince" l'esperto che dice le c... più grosse mantenendo un'espressione facciale autorevole

    ... possibilmente restando serio mentre le dice ..

  • Però davvero bisogna mettere ordine in questo blog ai diversi sistemi di valutazione enotecnica o enofila che dir si voglia.

  • agreisco fortemente, stimatissimo bac: e se qualcuno volesse scaricarsi la scheda ais a punti e domani o posdomani o quando meglio crede utilizzarla con una boccia di quello che prefère, potrebbe esperimentare la punteggiatura in corpore vili (chiaramente il suo, di lui o lei).
    http://www.aismilano.it/images/pdf/scheda_di_valutazione_a_punteggio_del_vino.pdf

  • Alessandro Tarentini 9 aprile 2014 alle 08:02

    Articolo molto interessante! Probabilmente il problema risiede nel fatto che per il metro (inteso come oggetto di misura) abbiamo un metro (inteso come unita' di misura) a cui fare riferimento. La stessa cosa non accadde nell'analisi sensoriale. A parte il fatto che gli assaggiatori non danno mai giudizi personali (bello, buono, cattivo, etc) ma devono cercare di descrivere al meglio, ad esempio, un vino in base alla propria esperienza e successivamente valutarlo tenendo conto se rientra o meno alla categoria di appartenenza (Barolo anziche' Salice Salentino). Sarebbe bello avere una bottiglia di vino da utilizzare come unita' di misura per tarare tutti gli assaggiatori alla stessa maniera ma questo non e' possibile :-)

  • Mah considerare misure (le quali possono essere condotte solo su grandezze fisiche e pure accompagnate da una solida teoria che le giustifichi, dato che gli strumenti di misura non cascano dal cielo belli e fatti) l’ atto di indicare soggettivamente (o al massimo inter-soggettivamente) con un numero le valutazioni sensoriali di questo o quell’ assaggio di un prodotto bevibile o commestibile appare già in partenza un errore metodologico anche se utile per il marketing.
    Ipotizzare poi che queste valutazioni qualitative , magari denominate quantitative (o meglio pseudo-quantitative) debbano essere ripetibili mi sembra un’ atteggiamento ingiustificato. Al di là delle indagini statistiche anche se fossero grossolanamente ripetibili (il che poi spesso non accade) non sarebbero lo stesso delle misure .
    Tranne per chi troppo spesso beve lol:

  • @ Canis, non sono in accordo in quanto il tema della misurazione è più delicato e deve essere metodologicamente rigoroso più la variabile in esame è aleatoria. Molta parte della metodologia della misura arriva dalla psicologia.

    Dario è partito dalla teoria degli errori, ma i concetti basilari potrebbero essere quelli della psicometria e dell'econometria.

    In realtà essendo valutazioni sensoriali forse rientrerebbero meglio nella psicometria, ma alla fin fine i concetti sottostanti sono gli stessi anche se cambiano i nomi.
    Si tratta di utilizzare attendibilità, validità e altri termini, riferiti a scale, misure e giudizi intra e inter esaminatore.

    Quindi se possiamo stimare l'errore di misura potremmo quindi calcolare errore standard di misurazione e se due vini stimati dallo stesso giudice (o panel di giudici) rientra in questo range, potremmo definire lo scarto dei due punteggi attribuito al caso e le differenze statisticamente non significativi....

    Va beh ho divagato un po' troppo, un ANOVA sulla gradevolezza dei vini è forse troppo, però uniformare i punteggi in punti Z non sarebbe male.

  • "ci sono 11 voci, che richiedono un voto da 1 a 5; cinque voci hanno moltiplicatore 1, tre hanno moltiplicatore 2 e le altre tre hanno moltiplicatore 3."

    quindi il minimo è

    5*1+3*2+3*3 = 20

    e non 80. Anzi, la variabilità è proprio di 80.
    Sarebbe stato meglio fare uno studio su questo tipo di scala.

    Pero' il problema resta a livello della comparazione.
    Infatti le 11 voci sono molte diverse (colore, profumo...) e si rischia di ottenere uno stesso risultato che viene da valutazioni completamente diverse.

    Quindi la concordanza io la lascerei stare, almeno per questo metodo di valutazione.

  • Il vino peggiore è sempre il più distinguibile se lo è in quanto "difettato". Se fosse solamente meno gradevole sono sicuro che non si discosterebbe più di tanto dalle altre casistiche. Il difetto invece è più riconoscibile. Se puzza di tappo infatti e il degustatore ha fatto la memoria olfattiva sul TCA, allora non sbaglierà quasi mai nel giudizio. Lo stesso vale per molti altri difetti. La piacevolezza invece è un casino. I giudici giornalisti, che hanno più tempo per assaggiare, in genere assaggiano il vino per 3 giorni in maniera da diminuire il più possibile le fluttuazioni di giudizio.
    W Giulio Gambelli!!!!!! ( un naso da tartufo). Ei fu

  • Concordo con Bacillus , la variabilità umana è talmente ampia che difficilmente può dare una uniformità di giudizi in un campo come questo . Sto parlando della singola persona , ma la cosa può essere allagata ad un gruppo di giudizio . Ovvio che si degusta una ciofeca imbevibile vi sia uniformità di giudizio , lì interviene l' istinto della sopravvivenza , ma quando ci si sposta a livelli più dignitosi e si va nell' ambito della metafisica estetica gustativo-olfattiva , bè , vince chi la racconta meglio .

  • hector
    "vince chi la racconta meglio"

    come in politica :)

  • come al solito uno stand-up a bressanini
    e lo dico da sommelier ed ex-commerciante di vini
    Direi che un articolo come questo apre un enormità di discussioni correlate
    prima fra tutte la validità delle guide enogastonomiche (e pure siti advisoriali)

  • Nel settore del vino, quello che pesa maggiormente, non è tanto l'incapacità dei giudici di avere un giudizio corretto o quantomeno sempre uguale. Lo sappiamo che la macchina dei sensi sbaglicchia. Bene o male però, alla lunga, funziona. Quello che pesa di più è che i giudici spesso hanno un'idea del "buono" diversa dal consumatore per il quale noi facciamo il vino. Il vino va venduto e per ogni prezzo c'è un tipo di vino. Alcuni consumatori considerano vini buoni ciò che invece il giudice esperto considera come minimo inadatto e qui sta l'inghippo. Bisogna preparare un vino per il giudice o per il consumatore? Se lo preparo per il giudice poi riesco a vendicchiare col consumatore "pecora"; se lo faccio per il consumatore perdo il pecorone....

  • Se compare il primo post, continuo dicendo che ovviamente pesa, come in tutti i settori, anche il giudizio "condizionato" e la natura del condizionamento non è sempre la stessa

  • Qui mi sembra a me che il problema sia più generale.
    Anche in una competizione sportiva i punti sono dati da giudici esperti e non infallibili.
    Anche li', penso per esempio al pattinaggio artistico, talvolta ci sono grandi differenze di giudizio fra un giudice ed un altro.

    Ma nessuno puo' negare che quei giudici sono esperti. Nessuno si sognerebbe di dire che sono degli imbroglioni.

    Nel vino è la stessa cosa. Non possiamo fare altro che dare l'onere del giudizio a gente che fa questo da anni e decenni e che per forza di cose sa giudicare meglio di altri. Per esempio sa riconoscere immediatamente una volatile troppo alta, una deviazione dei fenoli volatili (puzzette varie di medicinale, garofano, piscia di topo...), un principio di ossidazione e tutti i difetti che sono riconoscibili.

    In questo sono totalmente d'accordo con Gaetano. Quanto meno un giudice sa riconoscere i difetti comuni.

    Poi per il resto anche a me danno fastidio i descrittori olfattivi. Ognuno ci vede quello che vuole vederci.

    PS Gaetano, quest'anno ho fatto un rosé e mi è venuto proprio bene. E' la prima volta. Si beve che è una meraviglia. Ma il rosé ha un futuro oppure no ? A me ha fatto sempre antipatia, ma come si dice "ogni scarrafone è bello a mamma sua" !!!

  • commento non approvato. Che palle :-S
    Scusa Dario. Per te deve essere una tortura :-(

  • Grazie Dario ho appena lasciato questo messaggio sul blog di Cattaneo

    TOTALMENTE OT, MA IMPORTANTE

    Buongiorno signor direttore,
    volevo informarla che la partecipazione alle discussioni sui blog di LeScienze (nel mio caso quello di Dario B.) sta diventando tormentosa a causa di un filtro antispam totalmente inadatto e inadeguato.

    E’ da tempo che le abbiamo chiesto di creare una whitelist, si tratta di uno strumento che possa consentire agli autori dei blog di accettare tutti i commenti dei visitatori abituali (senza farli passare dall’antispam) e di lasciare agire l’antispam solamente nei confronti dei visitatori non riconosciuti.

    Ci sono momenti in cui senza esagerale un commento su due viene spammato senza apparente motivo.

    Spero che lei possa sollecitare il servizio informatico che gestisce i blog e chieder loro di mettere in piedi questo strumento.

    Se lo faccia dire da un informatico. Per relativamente poco lavoro il vantaggio sarà enorme per tutti noi.

    Grazie con anticipo
    Emanuele

  • "Qui mi sembra a me" non lo fa ancora passare manco la Crusca, l'antispam lo devi sforzare per farlo passare, ma è proprio quel che cerchi di dire, a volte, che con me non passa, non so perché...

  • E allora OT anch'io da utente tonto, ma che ti sogghigni te Dario? Da quella parte là, sul Blog Ammiraglio del Diretur, da giorni se non mesi c'è un attacco che pare Alamo gli ultimi istanti, là mica è solo problema di antispam o non antispam, là anche chi passa vola basso per istinto, se non per paura.
    Poi se per un qualche caso è in corso un esperimento scientifico sul comportamento degli utenti in base a quello dell'antispam o viceversa - in terzo cieco, sempre, mi raccomando! - concordo anch'io sull'opportunità dell'approvazione manuale degli interventi di emanuele, quello con la Minuscola eh! ;)
    E magari pure dei miei, a volte, come ben spiegherò nel mio Manovale del Buon Paraculo, o in uno dei precedenti o successivi, ancora non so... :)

  • Zeb, è un po' che non controllo il blog del Diretur. Attacco? Vado a vedere :)

  • Più che attacco, porte aperte alla barbarie che viene e che va, vedete un po' voi...

  • @emanuele
    l'avevo detto, poco più su:
    "quindi un vino che pigli tutti 1 (’nammerda) alla fine avrà un punteggio totale di 20, mentre quello con tutti 5 (l’ambrosia) avrà un punteggio di 100 (raro, ma esiste).
    la scala adottata recita: 60 = sufficiente; 70 = discreto; 80 = buono; 90 = ottimo; > 95 = eccellente.
    il metodo internazionale (union internationale des oenologues) prevede un numero maggiore di voci, ma insomma siamo lì."
    @dario
    insomma, 59 commenti con molti ot sono una miseria, l'argomento non prende.

  • A mio avviso il mondo dei sommelier è troppo autoreferenziale ed è estremamente distante da quello dei consumatori di vino con i quali ha poco in comune.
    La differenza fondamentale sta tra "il vino" e il "bere il vino": il primo è un prodotto e come tale viene giudicato da esperti, il secondo è un evento che coinvolge e influenza la percezione umana insieme a tutto un contorno estremamente complesso. C'è la bottiglia, l'etichetta, il tappo (uuh il tappo, Dario dovrebbe fare un articolo sulle cazzate del tappo), il bicchiere, la compagnia, lo stato d'animo, lo stato fisico quasi che la bevanda alla fine ha un influenza marginale. I sommelier devono giudicare nella maniera più oggettiva possibile (impossibile) il prodotto ma lo fanno in un contesto irripetibile per il consumatore ancorché appassionato. Un barolo bevuto alle 10 di una mattina piovosa, in un bicchiere di plastica, dopo che mi hanno licenziato, che mia moglie mi ha lasciato, come potrò mai apprezzarlo? Una bottiglia da 7 euro bevuta su una splendida terrazza durante un tramonto primaverile in compagnia di una bella donna, in bellissimi bicchieri di cristallo sembrerà il vino più buono del mondo.
    È un dato di fatto che la percezione umana è influenzata da innumerevoli fattori, come nella musica, nell'arte, nella moda, nella lettura e non può che essere così anche per il vino che ormai ha raggiunto, in Italia, livelli eccellenti senza spendere il quinto dello stipendio per una bottiglia.
    Il resto è fuffa, a meno che... A meno che il pagare 200 euro una bottiglia non serva a predisporre maggiormente la percezione ad un migliore apprezzamento ma non venite a dirmi che è oggettivamente 10 volte migliore di una da 20, checché ne dica il mio amico sommelier.

  • Alberto Guidorzi 12 aprile 2014 alle 16:21

    Sint

    Guarda caso, ciò è avvenuto quando il vino ha cessato di essere un alimento ed è divenuto un elemento che entra esclusivamente in relazione con i sensi

  • Alberto

    per me il vino (il mio) è una medicina
    ne bevo poco, ma a tutti i pasti

    mi rifaccio spesso con un grappino che mi dura tutta la serata

    eccezioni: riunioni con amici...

  • Nota a margine. Se da lunedì l'antispam funziona in modo più decente solo il funzione della protesta di Emanuele mi incazzo alla grande. :-)

  • Ci saran senza dubbio conflitti d'interessi in ballo, Bac, abbi pazienza pure tu...

  • lettura consigliata: andrea scanzi - il vino degli altri - come funziona un concorso.
    sono 11 pagine, non ce la faccio a scansirle+o-ci-err-arle.
    però questo passo merita:
    ...dietro avevo un enologo siciliano. ogni volta che degustava, procedeva con una liturgia in tre atti: dapprima l'apparente deglutizione; quindi il teatrale prolungato gargarismo degustativo, prassi con cui taluni intendono dare a vedere che loro, così gargarizzando, stanno stanando il carattere del vino, costringendolo a un vortice inumano di abluzioni bestiali; quindi, finale e liberatoria, la scaracchiata propriamente detta.
    l'effetto finale somigliava ad un suono bestiale, ferraglia belluina, clangore di terrore e castigo. qualcosa che gorgogliava da
    dentro, dall'abisso dell'apparato digerente, dagli inferi dei boli, dall'apocalisse dei più insondabili anfratti intestinali...

  • Io il vino se e' buono lo capisco solo il giorno dopo

  • @Emanuele, cosa vuoi che ti dica...boh.. il rosato è un vino strano; c'è chi lo fa più simile ad un bianco, ovvero floreale, scarico di colore e fresco; poi c'è chi lo fa più vicino ad un rosso, ovvero fruttato, colorato bene e un pò più seduto. E' fluttuante come vendite perchè più soggetto alla moda. A me piace solo quando è perfetto...(in realtà se non ci fosse sarei più contento :) )

  • Ciao a tutti,
    B A R Z E L L E T T A sugli assaggiatori di vino che mi hanno raccontato ieri.

    Un'azienda cerca un assaggiatore di vino da assumere. Si presenta un candidato.
    Gli portano il primo vino da assaggiare. Risponde:
    "Questo è un Chardonnay californiano del 2011, quell'anno le piogge sono state tot, le ore di sole tot etc. etc."
    Gli portano il secondo:
    "Questo è un primitivo del Salento del 2007, le condizioni metereologiche erano tali, con tali conseguenze sul vino etc. etc."
    Gliene portano altri 5 e li indovina tutti con estrema precisione.
    A quel punto il proprietario dell'azienda si insospettisce e dice di portargliene due mischiati. L'assaggiatore allora risponde:
    "Qua avete mischiato il tale vino con il tal'altro." È giù disquisizioni sulla qualità, sul meteo di quegli anni etc. Tutto precisissimo.
    Il proprietario dell'azienda non ci sta. Va dalla sua segretaria e le dice di fare la pipí nel prossimo assaggio.
    L'assaggiatore lo prova e risponde:
    "Bionda, 29 anni e incinta. E se non mi assumete vi dico anche di chi!"
    :-D
    Ciao,
    Maria Paola

  • Alberto Guidorzi 14 aprile 2014 alle 14:32

    Maria Paola

    Ci sei andata vicino.....

  • Maria Paola :) carina...

  • Dario, secondo me, il giudice di un concorso enologico è paragonabile all'arbitro di una partita di calcio. Se andiamo a sviscerare la partita, troviamo mille errori dell'arbitro ma poi, a fine stagione, è effettivamente il migliore che vince il campionato o che arriva tra i primi. Comunque c'è una discreta affinita anche con calciopoli :)

  • Per chi soffre di problemi all'apparato digerente consiglio il nuovo numero di Focus: c'è un servizio sulle molteplici connessioni tra mente e stomaco, e i suggerimenti per riconoscere (e prevenire) i vari disturbi dell'apparato digestivo, dall'ulcera alla psiconevrosi, con i consigli per curarli al meglio?

  • Quello che critica Dario è la pretesa di dare voti in centesimi, capisco bene infatti che non possiamo contare su una grande precisione del singolo voto.

    A tal proposito vorrei pero' far notare una cosa.
    Dobbiamo distinguere l'accuratezza dalla precisione.

    Per accuratezza si intende la differenza fra il valore medio misurato e quello reale (ma anche qui è difficile immaginare che ce ne sia uno).

    Ma in questo senso possiamo avere giudici che sbagliano anche di molto, ma se i giudici sono molti si puo' arrivare ad una migliore accuratezza del risultato finale. Avrebbe quindi ancora senso esprimere in centesimi il risultato di una votazione fatta da una larga giuria.

    In altre parole pur non essendoci una grande precisione possiamo arrivare ad una buona accuratezza a patto di poter contare su un grande numero di "misure".

    Spero di essere stato chiaro.

    @Gaetano,

    da questo rosé ho imparato una cosa importante. L'uva l'ho raccolta prima, infatti il pH era basso (3.2).
    Eppure questo rosé è venuto meno aspro del vino rosso che teoricamente è stato fatto da uva molto più matura. E' dunque vero che i tannini accentuano la sensazione di acidità.

  • @emanuele

    mò csa dit?
    i tannini caso mai mascherano l'acidità.
    sarei proprio curioso di sapere come l'hai fatto, quel rosé...

  • @Emanuele (mi pareva di aver scritto un commento ma forse me lo sono sognato).
    Molto probabilmente anche il rosso e' abbastanza acido e l'acidità esalta la percezione dei tannini. Nel tuo rose' magari i tannini sono troppo pochi per essere esaltati dall'acidità. Prova ad acidificare un vino tannico.; sentirai un finale molto secco.
    @schlaks e' vero che a volte i tannini mascherino la freschezza di un vino, ma non è la situazione del vino di Emanuele.

  • @schlaks

    gli enologi distinguono spesso i cosidetti tannini buoni da quelli cattivi. Questi ultimi sono in genere il frutto di una maturazione fenolica non completata, in annate come quella che ho vissuto nella mia vigna in cui l'uva non è praticamente mai arrivata alla maturazione completa.

    Questi tannini agresti, sono responsabili di note erbacee, e contribuiscono all'asprezza e alla durezza del vino, soprattutto prima dell'affinamento. Poi le cose vanno a migliorare quando essi polimerizzano. Certe volte malgrado gli anni essi restano sempre duri e spigolosi e l'astringenza non diminuisce granché.

    @Gaetano

    Non ho mai fatto il salasso, si tratta davvero di un rosé da uve rosse vinificate in bianco.
    Il rosso è stato raccolto 15 giorni dopo con un pH più altino di 3.3, quindi in effetti mi sorprende molto questo rosé per nulla aspro se paragonato al rosso. Spero che quest'anno le cose vadano meglio ;-)

  • "I risultati hanno sorpreso Hodgson. Tipicamente i giudizi sullo stesso vino, da parte dello stesso assaggiatore, variavano di +/- 4 punti, su 20 disponibili. " Se la sorpresa è dovuta al fatto che Hodgson si aspettava meglio, cancella pure il mio commento. Se è dovuta al fatto che si aspettava di peggio (lo credo anche perché Tu scrivi: da produttore di vino, si vedeva variare la classifica da una gara all' altra senza, a suo giudizio, valide ragioni) questa sua aspettativa racchiude un po' la tragedia dei pregiudizi di tutti gli Uomini di Scienza. Quando ci si trova di fronte a grandezze da misurare in cui la Soggettività umana è prevalente, semplicemente si ride. Assaggiatori di Vino, Annusatori di Profumo, Critici d' Arte sono classificati quasi in automatico come grandi parolai, quando non, addirittura, ciarlatani e nemici del Metodo Scientifico. Nello stesso girone infernale degli Astrologi e degli Omeopati. Già tanto è vedere, e Ti ringrazio di questo articolo informativo su un Mondo che poco conoscevo, che, almeno in ambito Anglosassone, si cerca di standardizzare procedure abbastanza complesse per abbassare il grado di soggettività del giudizio e valutare gli errori. Resta il fatto che il Vino, come qualunque prodotto prevalentemente agricolo, appartiene al Mondo Vivente e, quindi, cambia con la temperatura, la stagione, il terreno, l' invecchiamento e una altra enorme quantità di variabili. Così come i suoi Giudici e anche i suoi Consumatori. Ma questi Uomini, essendo poco standardizzabili, possono anche avere predisposizioni naturali eccezionali per svolgere il loro lavoro e possono affinarle con Esperienza e Allenamento, oltre che con lo Studio. Insomma, possono anche essere delle offese (gravi) alla Scienza. Nessuna meraviglia, almeno per me, che uno su dieci sia molto "consistente" nei giudizi. Il 10 per cento (circa) degli Uomini è eccezionale, anche tra gli Assaggiatori di vino. E l' accettarlo significa cercare i migliori, favorire la loro crescita e la loro affermazione. E' lo stesso motivo per cui pochi registi sono Bergman e pochi Pittori sono Annigoni. Ma il negare aprioristicamente che possano esistere giudici esperti tra gli esperti di vino è altrettanto sbagliato che il fidarsi di una persona solo perché reca il Medaglione da Sommelier al collo. E l' approccio meccanico, statistico, o chimicamente organolettico, se non si accompagna a un naturale (sesto) senso della Bellezza e del Divertimento, significa soffrire anche nei piaceri della vita, come il bere un buon vino. Voler portare la Scienza in Cucina a tutti i costi, senza autoironia e tolleranza, garantisce lavotro a noi Farmacisti. Come venditori di Inibitori di pompa acida (quelli come Te, forse, preferiscono chiamarla protonica).

  • Al solito, questo continua a far polemiche per conto suo e ad usare quantità sterminate di parole per mascherare concetti fuffosi.
    I panel di degustazione hanno un loro senso in funzione del marketing del vino, se uno invece vuole avere un parere autorevole che suggerisca informazioni su un vino, cerca quello.
    E si impara a discernere fra i gusti degli "autorevoli", esattamente come fa chi compra musica: dopo poche esperienze - sia positive che negative - si impara a giudicare i giudizi individuali, a tipo che se un tal critico dice che il tal disco è bellissimo sai che non ti converrà comprarlo, oppure che invece ti piacerà sicuramente, e viceversa. Senza farla tanto grossa con gli Uomini di Scienza, sesti o settimi sensi estetici e balle varie...

  • Comunque, l'unica cosa IT del post in attesa di approvazione, è che i panel di degustazione non sono altro che fenomeni di marketing del vino, fin dalle fiere e dalle medaglie più o meno d'oro del tardo Ottocento...

  • Matteo Tagliapietra 13 maggio 2014 alle 14:38

    Bell'articolo! Sempre sulla validità dei giudizi di questi esperti, c'è un altro fattore che a me ha sempre incuriosito.
    Presenziai alla laurea di un'amica in enogastronomia, la cui tesi andava a valutare i giudizi degli assaggiatori di grappa presenti ad un determinato evento distinguendo il gruppo dei "sommelier ufficiali" da quello dei semplici appassionati presenti all'evento. I risultati dimostravano una nettissima differenza tra i due gruppi, con le grappe ad alto punteggio per i sommelier considerate poco più che bevibili dagli amatoriali, e viceversa.
    Conclusione del corpo docente: le capacità degustative subiscono un processo di affinamento con la progressiva crescita del degustatore.
    Conclusione dello scrivente: se vuoi bere una grappa che ti piaccia, chiedi all'amico e non al sommelier :P

  • [...] ha portato un foglio scarabocchiato da alcuni bambini a una mostra di arte moderna, e quando ad alcuni esperti di vino è stato chiesto di ripetere in cieco, ovvero senza conoscere neanche il colore del contenuto della [...]

  • A questo punto diventa obbligatorio, leggersi pure questo:

    http://blogs.discovermagazine.com/notrocketscience/2012/01/02/violinists-cant-tell-the-difference-between-stradivarius-violins-and-new-ones/#.VNAWKyvF__E

    che analogamente al vino mette in dubbio la bontà dei violini più blasonati. Ed alla fine parlano pure di vino!!

  • Salve Dario ,la seguo sempre con attenzione ,perché mi chiarisce sempre un sacco di dubbi (w la scienza) .
    per me NON È UNA QUESTIONE DI STRUMENTO DI MISURA! (non scrivo grande per urlare ,ma solo per evidenziare)

    Il post è di qualche anno fa ma me ne interesso ora perché sto facendo un corso di sommelier .
    Premetto due cose :
    1) La degustazione è una "disciplina" non una scienza ,quindi guai al sommelier che decide di dare un "giudizio " buono/cattivo (cosa che per altro riconosciamo tutti ,SE piace la cioccolata tutti riconosceranno un gran prodotto ) .
    2) Sono personalmente contrario al giudizio sui vini con impatto commerciale (Davvero una pratica stupida, paragonabile ai concorsi di bellezza ,quindi se un vino è famoso è un conto ,anche se non certezza ,se ha un gran punteggio ,non fidatevi ,assaggiatelo)
    Questa pratica del "giudizio" la subiscono purtroppo i produttori di DOCG ,ci sarebbero mille polemiche da fare ,ma non le farò qui .

    Fare l'assaggiatore sia un percorso personale ,sia utile come guida per i consumatori (nel senso ,che se uno cerca la "freschezza " di un vino magari gli si consiglia un buon vino bianco giovane ) e che sia utile con gli abbinamenti in cucina o per importare/esportare vini in un paese nuovo. Dipende tantissimo dall'esperienza.

    Se domani utilizzassero uno strumento come un naso artificiale per trovare le sostanze aromatiche del vino ,e in più facessero un'analisi chimica accurata del gusto ,non servirebbe a nulla comunque ,perché la gente potrebbe non apprezzarlo comunque .

    Io perciò farei il percorso opposto ,anziché far analizzare da persone la qualità dei prodotti dando un giudizio :
    1) insegnerei alle persone a "degustare"(nel senso di soffermarsi davvero sulla qualità di un prodotto (se non ci si beve un caffè senza zucchero non si capisce cosa ci si perde ,anche se in Italia il caffè medio fa schifo ) e non buttare giù liquidi come gli alcolizzati e cibi come gli struzzi .
    2) userei tutte le analisi chimiche per fare delle tabelle che mi dicano come si pone quel prodotto. A quel punto il sommelier potrebbe dire abbinamenti e se quel vino sia più o meno adatto agli italiani o agli spagnoli per esempio ; Se poi sappiamo i parametri "medi " delle persone (dopo che avessero imparato a bere e mangiare gustando le cose anziché ingurgitarle o riempirle di zucchero ) con le analisi chimiche possiamo dire "questo è un buon prodotto per i parametri che ha "

  • @gianmaria
    guarda che se un violino nuovo suona bene ed è paragonabile ad uno stradivari ( sono meglio i guarneri del Gesù cmq) non c'è nulla di strano . I legni invecchiati lavorano meglio coi suoni .La forma degli stradivari inoltre non era bella come i violini moderni .
    Certo è che ,nonostante sia d'accordo con Dario sul giudizio sul vino ,su questa cosa dei violini hai detto una cavolata .O il violino era ottimo oppure il violinista era sordo . Sono violoncellista ,ti assicuro che la differenza si sente . Il mio maestro (e anche io ) riusciamo ad accordare sbagliando forse di 1 Hz sull'accordatura moderna e quando suono uso un accordatore elettronico chiudendo gli occhi ,mi fermo e quando li apro fatalità becco la nota perfetta ,luce verde ! Quindi non diciamo vaccate .Se uno è orbo problemi suoi ,ma un film con la risoluzione moderna non è paragonabile a quelli dei lumiere...così con gli strumenti ,ci sono cose ovvie all'udito

  • Luca Poltronieri 23 marzo 2016 alle 09:05

    Eros. Non metto in dubbio tu sia un ottimo musicista, tuttavia sono stati fatti vari studi serissimi in cieco che hanno dimostrato che musicisti di fama internazionale hanno clamorosamente errato nel riconoscere/identificare il suono prodotto dai violini di diverse epoche, tra cui pezzi dal valore milionario della migliore tradizione cremonese. Vi sono anche interviste e video su youtube in cui alcuni artisti hanno accettato il verdetto delle prove e hanno rimesso in discussione la propria percezione uditiva, mettendo in conto come la suggestione di suonare uno strumento antico di pregio possa modificare le proprie percezioni e sensazioni di ascolto e nel suonare lo strumento.

    Bisogna mettersi in testa che il cervello umano è uno strumento alquanto curioso, di cui ancora sappiamo poco, e che di certo è incline - in base a molteplici prove sperimentali - a fare "scherzetti" che sono indipendenti dalla cultura, preparazione tecnica, ecc.

  • ottimo articolo, c'è da dire errore metodologico in partenza perchè il sommellier-assaggiatore-esperto si pone come oggettivatore (di qualcosa che è soggettivo), prima fregnaccia che ti insegnano al primo corso di sommellier. Non potrai mai essere oggettivo usando i sensi che sono quanto più di soggettivo esiste sopratutto sul gusto come "metro" di misura. Non parliamo poi dell'efficienza dei sensi che diminuisce nell'arco della giornata (i profumi e le sfumature che sento alla mattina, alla sera non li sento più, se fumi non li senti proprio) e può essere ingannata, attenuata, amplificata. Inoltre un sommellier ti parlerà della poesia del vino, un enologo-enotecnico di sostanze chimiche come un prete che parla a un biologo sull'origine della vita.

  • paolo, ma sei sicuro di aver capito l'articolo? cosa è stato misurato?

  • i misuratori cioè i giudici, perchè il vino non lo puoi far misurare dai sensi di una o più persone men che meno il gusto che come dice il detto brasiliano è come il buco del c... ognuno ha il suo.
    In un assggio alla cieca in una ventina tra sommellier, enotecnici,enologi, produttori abbiamo assaggiato i migliori bordolesi del mondo, ovviamente dell'ultima annata disponibile altrimenti i costi sarebbero improponibili per le mie finanze. Risultati abbastanza omogenei tra noi vince un australiano, secondo chateau petrus (miglior merlot del mondo e anche vino), terzo un trentino che costava 17 euro all'epoca (ora 50+) , chateau lafite-rotschild sapeva da tappo come l'opus 1 napa valley e ultimo dopo tutti gli altri (una ventina in tutto) quello che è considerato il miglior taglio bordolese italiano (non faccio il nome per evitare denunce). Morale della favola sappiamo riconoscere i vini che sanno da tappo e al momento dell'assaggio ci pareva così. Bevessimo gli stessi vini tra dieci anni probabilmente il petrus starebbe in cima sugli altri non si sa. Tutto ciò non vuol dire che uno sia migliore dell'altro e tutte le classifiche che però decretano la vendita del vino come le stelle michelin per i ristoranti sono in pratica fuffa, si basano su giudizi soggettivi.
    Devo scappare mi piacerebbe un giorno poter approfondire perchè anche nel vino si cerca di vendere sale himalayano e da parecchio tempo.

  • paolo è evidente che come avevo già affermato che la degustazione non ha valore scientifico in quanto soggettiva perciò non è ripetibile in modo obbiettivo

  • @franz scusa non l'avevo letto ,ribadirlo non fa male

  • In questo post 10 giugno 2016 alle 21:53 nel tema sale rosa dell'Himalaya no grazie avevo mostrato la non scientificità delle scienze gustative facendo l'esempio della degustazione del vino biodinamico e con l'aggiunta del link "sotto mentite spoglie" come altro esempio.

  • Non è esatto come dice Bressanini che ogni strumento di misura, per quanto sofisticato, commette degli errori.
    Quando uno strumento è esente da difetti o da mal funzionamenti può dare solo valutazioni esatte a differenza del cervello umano che anche quando è perfettamente sano può dare ugualmente valutazioni sbagliate.

  • Franz, uno strumento non fa errori in base alla sua costruzione e precisione. Con un metro da muratore che è graduato in mm posso misurare lo spessore di un pezzo al mm, con un calibro ventesimale avrò la precisione di un ventesimo di mm, con un micrometro centesimale sarò preciso al centesimo, con un micrometro millesimale al micron e così via.

  • Ma c'è sempre un errore. Perché c'è una tolleranza considerata accettabile per ogni strumento di misura costruito. E se c'è una tolleranza c'è un errore, che può anche essere insignificante nella rispettiva scala di interesse ma sempre di errore si tratta.

  • Ziocunèl l'imprecisione non è un errore dello strumento di misurazione ma rappresenta un suo limite di funzionalità entro il quale non dovrebbe dare errori sempre che non ci siano difetti o malfunzionamenti.

  • Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire😉

  • Ziocunèl non c'è peggore stolto di chi non vuole capire la tolleranza è un limite di funzionalità di uno strumento.
    Giulielmo lo ha capito questo concetto lei evidentemente non lo capisce.

  • Dario

    non entrò in questa discussione perchè altrove ne ho giá avuto abbastanza, ma visto che i processi stocastici a che mi risulta sarebbero il tuo pane quotidiano, ti propongo un articolo sul buon William Sealy Gosset, dopotutto i suoi studi servirono per migliorare la produzione di birra (Guinness).

  • Recentemente ho partecipato ad un "corso sui vini". Senza ambizioni da parte mia.
    Me lo sono ritrovato gratuito e solo per curiosità di conoscere di più di questo ambiente me lo sono fatto. Fra ottime battute e assaggi di vini di poco prezzo abbiamo passato sei serate e concluso con apertura di spumante con la sciabola e la domanda sui vini tipo Tavernello: Il maestro sommelier ci ha raccontato che spesso nei concorsi fra i vini presentati dai produttori ufficiali viene inserita una bottiglia di tale tipologia. Ha concluso che mai tali vini hanno vinto, ma mai sono arrivati ultimi. Tanti sorrisi e saluti a tutti.

  • Franco Frank Rubuano 13 dicembre 2017 alle 11:55

    Comunque, se i testi di Statistica traducono erroneamente consistency con consistenza e consistent con consistente, non è il caso che una persona attenta alla comunicazione debba capronamente fare lo stesso.
    Pertanto coerenza e coerente.

  • "Consistenza" è proprio un termine statistico, non un'erronea traduzione.

  • Ho iniziato a leggera la discussione che si è innescata e ho trovato moltissimi spunti utili.

  • Purtroppo ci sono troppi "esperti" in questo settore