17 marzo 2014

SISSA: Lo stress mina le capacità empatiche maschili e aumenta quelle femminili

Sotto stress i maschi tendono a diventare più egocentrici e meno capaci di distinguere le loro emozioni e intenzioni da quelle degli altri. Per le donne invece è tutto il contrario. Questo è quello che emerge in una ricerca alla quale ha collaborato la SISSA di Trieste, appena pubblicato su Psychoneuroendocrinology

Lo stress, questo nemico che ci assilla quotidianamente, oltre che la nostra salute potrebbe minare anche i nostri rapporti con gli altri, specialmente se siamo maschi. Le donne stressate infatti, a  quanto pare, diventano più “prosociali”. Lo dice uno studio al quale ha collaborato Giorgia Silani, della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste. Lo studio è coordinato dalla Social Cognitive Neuroscience Unit dell’Università di Vienna e vede partecipare anche l’Università di Friburgo.
 
“C’è un confine sottile fra la capacità di identificarsi e prendere la prospettiva degli altri, ed essere dunque empatici, e quella di non sapere distinguere fra sé e l’altro, agendo in maniera egocentrica” spiega Silani. “Per essere davvero empatici e agire in maniera prosociale è importante mantenere la capacità di distinguere fra sé e l’altro, e lo stress in questo sembra avere un ruolo importante”.
 
Lo stress è un meccanismo psicobiologico che può avere una funzione positiva: serve infatti a raccogliere risorse in più in situazioni particolarmente impegnative. L’individuo può affrontarlo in due modi: cercando di ridurre il carico interiore di risorse ‘extra’ impiegate, o, banalmente, cercando aiuto all’esterno. “La nostra ipotesi di partenza era che in condizioni di stress gli individui sarebbero diventati più egocentrici. Adottare una prospettiva centrata sul sé infatti riduce il carico emotivo/cognitivo. Ci aspettavamo dunque che nelle condizioni sperimentali le persone fossero meno empatiche” spiega Claus Lamm, dell’Università di Vienna fra gli autori del paper.
 
Più in dettaglio...
La sorpresa è stata che questa ipotesi di partenza era vera, ma solo per gli
individui maschili. Negli esperimenti venivano create in laboratorio condizioni di stress moderato (i soggetti dovevano per esempio tenere un discorso pubblico, eseguire calcoli matematici a mente, ecc.). I partecipanti poi dovevano imitare dei gesti (condizione motoria), oppure riconoscere le emozioni proprie o altrui (condizione emotiva) o, ancora, dare un giudizio prendendo la prospettiva di un’altra persona (condizione cognitiva). Metà del campione sperimentale era composto da uomini, l’altra metà da donne.
 
“Quel che abbiamo osservato è che per gli uomini la condizione di stress peggiora la prestazione in tutti tre i tipi di compito. Per le donne succede il contrario” spiega Silani.
 
Il perché non è ancora chiaro. “Le spiegazioni si possono cercare a più livelli”, conclude Silani. “A livello psico-sociale potrebbe darsi che le donne abbiano interiorizzato l’esperienza di ricevere più supporto esterno quando sono in grado di relazionarsi meglio con gli altri. Questo significa che più bisogno di aiuto hanno, quindi sotto stress, più mettono in atto strategie sociali. Dal punto di vista fisiologico una spiegazione si potrebbe cercare nei livelli di ossitocina. L’ossitocina infatti è un ormone legato ai comportamenti sociali e la ricerca precedente ha osservato, in condizioni di stress, livelli fisiologici di ossitocina più alti nelle donne che negli uomini “.