“Vi porterò su Marte: mancano solo 12 anni per mandarci la prima persona. Se siamo bravi, forse dieci. E lì creerò una città, perché bisogna garantire la sopravvivenza della nostra specie, nel caso qualcosa vada storto sulla Terra”. Ci sono poche persone al mondo che possono pronunciare queste parole restando credibili. Ce n’è una, poi, che ha un piano tanto ambizioso quanto plausibile, al punto che la Nasa ha deciso di investire 1,6 miliardi di dollari nella sua visione del futuro. Si chiama Elon Musk, sudafricano di 42 anni considerato dal Time una delle 100 persone che più hanno condizionato il mondo, da Forbes il giovane imprenditore più potente d’America e da Esquire uno degli uomini più influenti di questo secolo. La caratteristica che lo distingue è che, a oggi, è riuscito a concretizzare ogni idea su cui ha lavorato, rivoluzionando il mondo delle energie rinnovabili (con Tesla e SolarCity) e quello delle transazioni online (con PayPal). “Ma la cosa fondamentale è aprire la via per una vita multi-planetaria”, ci spiega lui che, con la Space X, sta privatizzando l’industria aerospaziale.

Tra Iron man e Cristofo Colombo. Quando lo incontriamo, Musk sta per tornare a Los Angeles, dove lo scorso giovedì ha presentato Dragon V2, una capsula che ospiterà fino a sette astronauti per attraccare alla Stazione spaziale Internazionale: “Otto motori ‘SuperDraco’ permetteranno alla navicella di atterrare dovunque con la precisione di un elicottero”. Ed è proprio questa la sua intuizione più promettente: rendere riciclabili non solo i vascelli spaziali, ma anche i costosissimi razzi-vettore che servono a spingerli fuori dall’atmosfera, cosicché invece di cadere nell’oceano possano tornare intatti sulla Terra. Sul sito Internet di Space X calcolano che, riutilizzando un razzo per mille volte, il costo del singolo lancio passerebbe dai 50 milioni di oggi a 50mila dollari.

E se la Silicon Valley lo celebra come un pioniere (lo chiamano il nuovo Cristoforo Colombo), e nel resto d’America il suo soprannome è Tony Stark (si dice che sia stato proprio lui a ispirare il personaggio di Iron Man, film nel quale appare in un cameo interpretando se stesso), in Europa è ancora poco conosciuto. La gente passa e non lo nota, e lui pare per nulla seccato dalla cosa.

Bulli, fumetti e videogame. È seduto in disparte con l’aria allegra e distratta, ha un piccolo taglio da rasatura sulla guancia sinistra e guarda spesso la notte che scende fuori dalla finestra. Se gli chiedi di definirsi, non esita: “Sono un ingegnere”. Perché un ingegnere, dice, “è la cosa più vicina a un mago che esista nel mondo reale”. E per spiegare com’è arrivato a sognare di trasferirsi sul Pianeta Rosso, Musk parte dal principio. Racconta che da piccolo aveva paura del buio, “fino a quando ho capito che il buio è solo mancanza di fotoni. Come si fa a temere la mancanza di fotoni?”.

Una volta la madre di Elon, in un’intervista rilasciata a un’emittente americana ha detto: “A scuola un suo compagno indicò la luna: ‘Guarda, è lontana un miliardo di miglia!’. E lui: ‘Veramente è a meno di 250mila miglia da noi’. Era un bambino brillante, quindi alla gente non piaceva tanto… Aveva la vita sociale tipica del nerd”. Musk, nato a Pretoria nel 1971, reagisce al bullismo rifugiandosi nei libri: “Leggevo tutto quello che riuscivo a trovare, da quando aprivo gli occhi la mattina fino a quando andavo a letto, e cercavo di non dar fastidio a nessuno”. Quando finisce tutti i volumi su cui riesce a mettere le mani, comincia a studiare l’enciclopedia. Il padre, anche lui ingegnere, e la madre, nutrizionista canadese, lo mandano a lezione di computer: “Solo che ero molto più avanti dei professori”.

Musk ha solo 12 anni quando programma “Blastar”, un videogioco ambientato nello spazio: “Mi ricordo che poi l’ho venduto per 500 dollari”. Ma il Sudafrica, mentre lui cresce, è piegato dall’apartheid. Sa bene che il servizio militare lo forzerà a combattere per la segregazione razziale. E poi è da tempo che sogna l’America, sia perché “è il posto dove le grandi cose sono possibili, sarà banale ma è vero”, sia perché “tutti i fumetti che leggevo venivano da lì. E io ero ossessionato dai fumetti”.

Il sogno americano. Musk ricorda quel volo verso il Canada preso senza pensarci troppo, con pochissimi soldi in tasca e la speranza di trovare una via per gli Stati Uniti. “Quando è partito mi sono detta: ‘Com’è indipendente”, racconta la madre, “poi ovviamente, appena atterrato, mi ha chiamata: ‘E adesso che faccio?!”. Dalla Queen’s School of Business a Kingston, Ontario, riesce a farsi trasferire alla University of Pennsylvania. Finalmente negli Stati Uniti, si laurea in fisica ed economia, e vince una borsa di studio per la prestigiosa Stanford University, anche se nell’ateneo non lo vedranno quasi mai. “La cosa bella era soprattutto poter uscire con ragazze della mia età”, racconta Musk, che proprio lì conosce la sua prima moglie, e madre dei suoi cinque figli, Jasmine.

“È in quel periodo che ho creato la mia prima società”. Musk torna con la mente agli anni in cui aveva ancora tutto da provare, e mentre rievoca quella chiacchierata col dean della scuola, (gli ho chiesto: “Ho un’idea e vorrei provare a realizzarla, ma se va male posso tornare a studiare qui, vero?”) si distrae di nuovo. In sottofondo c’è un disco di Frank Sinatra che canta “Fly me to the moon”. Musk sorride, si gira e guarda dalla finestra quello spicchio di luna nel suo ultimo quarto: “Oltre a Marte, l’altro posto dove si potrebbe costruire una città è proprio la Luna. Ma nel pianeta rosso c’è così tanta anidride carbonica che potenzialmente si potrebbe creare un’atmosfera dove noi umani possiamo vivere. Si può instaurare una civiltà che si autosostiene, creando una colonia di almeno 80mila persone. Ah scusa, dicevamo di Zip 2…”

Da zero a 307 milioni di dollariCos’è Zip 2? “Avete presente Google Maps? Ecco, il mio programma è l’antenato di Google Maps. All’epoca vivevo in un ufficio minuscolo, senza nemmeno un bagno, che avevo affittato assieme a mio fratello. Dormivamo sui divani e la mattina andavamo a fare la doccia in una palestra poco lontana. Poi nascondevamo i cuscini, per non far vedere che abitavamo lì, e ricevevamo la gente come fossimo in un ufficio normale”. Quando Musk scrive il software di Zip 2 ha appena 23 anni, è il 1995 e Internet è ancora neonato (il linguaggio HTML fa la sua comparsa nel 1990).

Suo fratello Kimbal, ai microfoni di una tv americana, racconta: “Ci lanciavano addosso le pagine gialle e gridavano: ‘Pensate che le rimpiazzerete davvero?!’. Noi li guardavamo come fossero pazzi: ‘Certo che le rimpiazzeremo!’”. Tre anni dopo i fratelli Musk vendono la compagnia per 307 milioni di dollari e 34 in stock option. Non ancora trentenne, Elon è già ricchissimo. Ma anche se la prima cosa che fa è comprare l’automobile sportiva più in voga all’epoca, una McLaren F1, l’idea di rinchiudersi in un’isoletta caraibica per fare la bella vita – come dice lui – “non era neanche un’opzione”. Ogni volta che i suoi amici e colleghi vengono intervistati, rispondono che Musk non si sarebbe mai accontentato perché “ancora non aveva cambiato il mondo”.

Così si cambia il mondo. Avere troppe idee, però, può essere dispersivo. Musk spiega come ha fatto a disciplinarsi: “Ho realizzato durante l’università che ci sono cinque aree fondamentali, che avranno il maggiore impatto sul futuro dell’umanità. Sono le energie rinnovabili, la vita multi-planetaria, Internet, riscrivere la genetica e l’intelligenza artificiale”. Sulle ultime due, però, non vuole intervenire (“Anche perché ritengo possibile che un domani l’intelligenza artificiale prenda il sopravvento. Il rischio c’è”). Quindi “sono partito da Internet. Volevo creare un sistema di pagamento sicuro per effettuare transazioni in rete.” Così nasce Paypal, il sistema di pagamento su Internet più grande al mondo, prodotto della fusione tra X.com, fondata da Musk, e Confinity, società concorrente. Nell’ottobre del 2002, Ebay acquista Paypal per 1,5 miliardi. La fetta di Musk è di 165 milioni di dollari. “A quel punto – dichiara alle telecamere statunitensi – avrei potuto permettermi una catena di atolli! Ma, ancora una volta, non era nemmeno un’ipotesi”.

Cambiato il mondo (delle transazioni in rete) Musk si chiede “Cosa c’è dopo? Dopo c’è lo Spazio”. Comincia a costruire i suoi razzi volando anche a Mosca per recuperare i pezzi mancanti. Presto si guadagna il soprannome di “Henry Ford dello Spazio”, perché riesce a rendere commercialmente interessanti i suoi progetti.

Genio e ottimismo. Mentre parla, è chiaro che Musk ha un’altra caratteristica dominante: ancora prima che un ingegnere, un fisico o un imprenditore, è un ottimista. “Io ho tantissima fiducia nel futuro. Guardate l’Europa: si fanno pochissimi figli. È un grande segnale di crisi. Anche in Cina la politica del figlio unico è stata molto dannosa. Certo che è difficile, ma ammetto che faccio fatica a capire le persone che si fermano, che sono passive o pessimiste. Ci sono troppe cose da fare nella vita”.

Ci ripete che non riuscirà mai a realizzare tutte le idee che gli vengono: “Penso che presto comincerò a regalarle ai giovani in gamba”. Non sarebbe la prima volta: l’anno scorso ha pubblicato su Internet il progetto per creare Hyperloop, il quinto sistema di trasporto dopo navi, aerei, treni e automobili. L’ha messo a disposizione di tutti perché, come ha spiegato in un convegno sulla tecnologia in California, è convinto che sia nell’interesse generale realizzarlo. L’idea di creare un mezzo di trasporto più sicuro, veloce ed economico di quelli esistenti è nata dopo la presentazione del treno ad alta velocità che entro il 2028 dovrebbe collegare (al costo di 68 miliardi di dollari) Los Angeles a San Francisco in circa cinque ore. “Spendere una cifra a tal punto esorbitante per avere fra 15 anni un treno che andrà a 200 km orari – ha detto – significa voler collezionare tutti i record negativi a disposizione”. Ma quando viene accusato di critica sterile, trova un’idea che, per 6 miliardi, permetterebbe (in teoria) di percorrere lo stesso tragitto in 30 minuti. Si tratta di un tubo dal diametro di circa due metri, che può stare sottoterra come in superficie, che “non può rompersi, è immune al clima, va 2 o 3 volte più veloce del treno-proiettile, ha una velocità circa doppia a quella di un aereo commerciale e costa meno di qualsiasi altro sistema di trasporto perché l’energia di cui ha bisogno ha un prezzo assai basso, basti pensare che montandogli dei pannelli solari sopra si può generare più energia di quella di cui ha bisogno. E vi sarà anche il modo per immagazzinare elettricità per farlo funzionare 24 ore al giorno, 7 giorni a settimana”. Hyperloop prevede tubi d’acciaio su colonne di cemento al cui interno viaggiano capsule a oltre mille chilometri orari grazie a una combinazione di compressori e e cuscini d’aria. E per quanto questo progetto, come gli altri, sembri pura fantascienza, proprio come gli altri potrebbe stupire gli scettici.

Dopotutto, anche quando Musk decise d’investire in veicoli elettrici ad alte prestazioni e pensati per un mercato di massa, le reazioni non furono positive. “Con i soldi di Paypal, ho cominciato a lavorare sull’auto elettrica. Ho fondato Tesla, ma all’inizio non ci credeva davvero nessuno”.

Verso la bancarotta. Musk investe oltre sei milioni di dollari dal suo patrimonio per interrompere la dipendenza dai combustibili fossili. L’idea è di creare un’auto sexy, molto più simile a una Aston Martin che non a una Golf, e molto costosa. La strategia è di renderla desiderabile (anche Leonardo DiCaprio e George Clooney ne comprano subito una) prima di produrne grandi quantità. “La cosa importante è che una volta che compri la Tesla viaggi gratis per sempre”, ci spiega. In America, da costa a costa, ci sono già molti “distributori di energia” dove rifornire l’automobile, che nel 2015 dovrebbe arrivare a percorrere oltre 300 chilometri di strada con soli 20 minuti di ricarica.

Ma nel 2008 la crisi economica mondiale si abbatte anche su Musk e le sue compagnie: “È stato l’anno peggiore della mia vita – ricorda oggi – Tesla ha davvero rischiato il fallimento e ho dovuto licenziare molte persone. Avevamo cash in banca per reggere una settimana, o meno. La scelta era chiudere Tesla o investire tutto quello che avevo per salvarla. Non credo mi sia nemmeno passato per la mente di lasciarla morire”.

Anche SolarCity, la compagnia leader negli Usa per il rifornimento di pannelli solari (creata assieme a suo cugino) viene duramente colpita dalla recessione: la principale banca che sostiene la società, come racconta Musk nella trasmissione “Risk Takers”, si ritira. Poi eccoci a Space X. I primi tre lanci falliscono bruciando i 100 milioni di dollari che Musk aveva investito direttamente. Sapeva che il quarto tentativo, se fosse andato male, sarebbe stato l’ultimo.

Falchi e draghi. “6…5…4…” Quei secondi di conto alla rovescia sono i più tesi della sua vita. “3…2…1…”. Poi il lancio di Falcon 9 è un successo tale da cambiare tutto. Il giorno dopo, la Nasa chiama per offrire a Musk un contratto da 1.6 miliardi di dollari (al telefono reagisce dicendo: “Vi amo!”). E la ritrovata vitalità di Space X travolge anche Tesla e SolarCity, che oggi sono in piena salute. Da quel giorno, i lanci di Falcon e Dragon perfettamente riusciti sono oltre 40.

Musk ha così fiducia nell’esplorazione spaziale che racconta di aver già cominciato a studiare i test psicologici che serviranno a selezionare i primi “marziani”, anche se il gruppo di esploratori che approderà sul pianeta rosso per primo, a bordo di un razzo riutilizzabile alimentato da ossigeno liquido e metano, sarà di meno di 10 persone. “Di certo nel prezzo del biglietto (500mila dollari, ndr) sarà inclusa sia l’andata che il ritorno”, ci dice, raccontando che ogni viaggio durerà circa tre mesi. Gli astronauti porteranno con sé macchinari in grado di sintetizzare fertilizzante, metano e ossigeno utilizzando l’azoto e la Co2 presenti sul pianeta e il ghiaccio nascosto nel sottosuolo. “All’inizio bisognerebbe vivere in una cupola – spiega Musk – ma col tempo, attraverso un processo di ‘terraforming’ , Marte potrebbe diventare come la Terra”.

E proprio quando comincia a svelare come farà a creare su Marte un’atmosfera respirabile, si distrae di nuovo. Resta in silenzio per qualche secondo, poi spalanca gli occhi e sorride: “Ho avuto un’altra idea”.

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