13 maggio 2014

Dalle cellule staminali la prima malattia cardiaca "in provetta"

Grazie alle staminali pluripotenti indotte ottenute da cellule della pelle di due pazienti affetti da una malattia genetica, la sindome di Barth, è stato ricreato su un chip il tessuto cardiaco patologico che la caratterizza. E' stato così possibile individuare i meccanismi cellulari alla base della patologia, aprendo prospettive terapeutiche per una malattia attualmente incurabile(red)

Grazie alle cellule staminali, per la prima volta è stato realizzato un perfetto modello “in provetta” di una malattia - nello specifico, di una malattia cardiovascolare ereditaria - riuscendo così a identificare gli sfuggenti meccanismi che sono alla base della patologia e, in prospettiva, ad aprire le porte allo sviluppo di una terapia.

La sindrome di Barth è una rara malattia cardiaca, attualmente incurabile, causata da una mutazione in un singolo gene sul cromosoma X - chiamato Tafazzin o TAZ - che provoca una ridotta contrattilità della muscolatura cardiaca. Il gene e la sua proteina, la tafazzina, sono stati scoperto nel 1996 da Silvia Bione, dell'Istituto di genetica molecolare del CNR, e prendono il nome da un personaggio comico, Tafazzi, assurto a icona dell'autolesionismo.

Nel studio – pubblicato su “Nature Medicine” - i ricercatori della Harvard Medical School e del Boston Children's Hospital hanno prelevato alcune cellule della pelle da due pazienti affetti dalla sindrome di Barth, manipolandole in modo da riportarle allo stato di cellule staminali pluripotenti indotte. Queste cellule staminali, portatrici delle mutazioni TAZ dei pazienti, sono state poi indotte a differenziarsi in cellule di tessuto cardiaco. Questa differenziazione è stata realizzata con la tecnica detta degli "organi su chip", ossia coltivando le cellule su una piastrina rivestita con proteine della matrice extracellulare umana che imitano il loro ambiente naturale.

Dalle cellule staminali la prima malattia cardiaca "in provetta"
Microfotografia delle strutture contrattili (sarcomeri) del tessuto cardiaco. (© Dennis Kunkel Microscopy, Inc./Visuals Unlimited/Corbis)
Il tessuto così ingegnerizzato si contraeva molto debolmente, proprio come avviene nel muscolo cardiaco dei pazienti affetti dalla malattia. Quando Gang Wang e colleghi hanno fornito direttamente il prodotto del gene TAZ al tessuto malato così coltivato, sono riusciti a correggere il difetto contrattile.

Gli scienziati hanno
quindi scoperto che la mutazione TAZ agisce in modo da interrompere la normale attività dei mitocondri, gli organelli che forniscono l'energia necessaria al funzionamento delle cellule, ma alterando non tanto il bilancio energetico complessivo della cellula, quanto la sua capacità di utilizzare quell'energia per innescare la contrazione.

In particolare, la mutazione fa sì che le cellule producano un eccesso di specie reattive dell'ossigeno (ROS), un normale sottoprodotto del metabolismo cellulare rilasciato dai mitocondri, che finora non era stato riconosciuto come coinvolto nella malattia.

“Abbiamo dimostrato che, almeno in laboratorio, se si blocca l'eccessiva produzione di ROS, si può ripristinare la funzione contrattile”, ha detto William T. Pu, coautore della ricerca. "Certo, raggiungere lo stesso risultato in un modello animale o in un paziente è una storia diversa, ma se si riesce, si può pensare a una nuova prospettiva terapeutica.”