Milano, 4 marzo 2014 - 10:34

La scuola del futuro, ad Ancona l’aula 3.0
«Tablet, entusiamo e tante competenze»

Apprendimento attivo con strumenti tecnologici e arredi modulari. «Progetto realizzato in sinergia tra famiglie e imprese»

di Carlotta De Leo

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Non basta un tablet per fare la scuola 2.0: ci vuole anche lo spazio giusto e la giusta motivazione. Lo sanno bene gli studenti dell’istituto Savoia Benincasa di Ancona dove, dallo scorso novembre, i ragazzi studiano in una bella aula 3.0. Un ambiente polifunzionale che coniuga la tecnologia con la didattica: gli arredi ecologici, di cartone colorato, e le postazioni mobili consentono ai ragazzi di suddividersi per lavorare con i loro tablet interconnesi davanti alle tre lavagne elettroniche.

NUOVO AMBIENTE - «Se il 2.0 si concentra sulla tecnologia, il 3.0 fa un passo avanti per favorire l’apprendimento attivo degli studenti attraverso il metodo della ricerca, del confronto, dei gruppi che interagiscono tra loro. Insomma, la rivoluzione tecnologica deve essere accompagnata da un’attenta evoluzione degli spazi e degli arredi per far sì che i ragazzi utilizzino a pieno tutte le potenzialità offerte dai nuovi strumenti» dice Alessandra Rucci, la preside dell’istituto che accoglie ogni giorno 1.200 studenti nei tre diversi indirizzi di studio (liceo scientifico, linguistico e istituto tecnico economico del turismo).

IL FACILITATORE - In Italia, il modello di apprendimento imperante è quello della lezione frontale: l’insegnante che sale in cattedra che “trasmette” la lezione agli alunni. Il modello che ha ispirato la scuola di Ancona, invece, è ispirato al costruttismo sociale: si chiama Teal (Technology Enabled Active Learning) e si basa su uno spazio policentrico, nel quale la cattedra quasi non esiste più. L’insegnante è un «facilitatore dell’apprendimento» e la lezione tradizionale è solo una piccola parte della didattica. Largo spazio è lasciato alla ricerca personale e di gruppo, al brain storming, alle presentazioni e anche al relax. «Al Mit di Boston esistono diverse aule come queste - spiega la Rucci - Ma era difficile realizzarla nelle classi che noi avevamo a disposizione. Abbiamo capito presto che dovevamo rivedere non solo la dotazione tecnologica, ma anche lo spazio in cui agire”»

La preside Alessandra Rucci
La preside Alessandra Rucci

GLI EX ALLIEVI - La nuova aula 3.0 è stata ricavata smantellando il vecchio laboratorio di informatica, ormai superato dalla diffusione dei computer. Tutto il progetto è costato è costata 20mila euro, finanziati da famiglie e privati. Niente aiuto del ministero o degli enti locali. Come è stato possibile? «Con la nostra idea abbiamo suscitato l’attenzione dei genitori, entusiasti sin dall’inizio, e delle imprese del territorio - aggiunge Rucci - In particolare, allo sviluppo del progetto hanno collaborato due ex alunni della nostra scuola: l’architetto Roberto Giacumucci che ha progettato l’aula con arredi e allestimenti in cartone e Riccardo Marchetti che si è occupato dell’illuminazione con i Led a basso consumo. Sì, perchè le nostre parole chiave erano e restano tecnologia e sostenibilità ambientale». Gli arredi sono stati realizzati dalla Kubedesign, mentre l’Acer ha realizzato per i ragazzi notebook speciali (molto leggeri e con batterie che durano più a lungo).

INNOVARE - Il successo dell’iniziativa - che coinvolge e incuriosisce anche i più scettici dei professori - ha fatto «scuola» ed è già in cantiere la realizzazione di una nuova aula 3.0 in un altro e più piccolo laboratorio informatico. «Innovare la scuola italiana è questione vitale - afferma Rucci - Non bastano piani straordinari ministeriali, ci vuole la collaborazione tra pubblico e privato. Attendere che la scuola si digitalizzi o si rinnovi con interventi dall’alto, espone il sistema al rischio di creare un divario troppo grande tra scuole di serie A e di serie B. Per questo occorre intraprendere con coraggio percorsi alternativi di innovazione guardando al territorio e facendo rete».

AULE DISCIPLINA - Da anni questa scuola ha scelto di guardare avanti. E anche senza aiuti del ministero, ogni alunno ha il suo tablet e in ogni classe c’è il wireless, il videoproiettore e la Lim. Le aule del liceo scientifico poi, non sono semplici aule, ma aule disciplina: come in America, sono gli studenti a spostarsi quando la campanella suona. Magari passando a prendere i libri nell’armadietto: ognuno ha il suo. «Dal prossimo anno il modello delle aule disciplina sarà diffuso anche al resto degli indirizzi” assicura Rucci.

I SOGNI DEI RAGAZZI - E così quando entrano nell’aula 3.0 questi ragazzi sono pronti ad affrontare lezioni di scienze, ma anche di letteratura ed arte. E questo perchè non ci sono limiti, solo un altro metodo e un altro spazio di apprendimento. “Oggi facciamo esperimenti di chimica e fisica utilizzando un software libero dell’università del Colorado. E presto inizieremo un seminario ispirato alle novelle del Boccaccio” spiegano le alunne di II. Anche gli appunti e le dispense sono 3.0: niente più più fogli svolazzanti da mettere in cartella, ma documenti virtuali che restano a disposizione di tutti sul cloud. “Lavorare in gruppo, interagire al meglio con la tecnoloia sfruttandone tutte le potenzialità ci aiuterà a lavorare una volta usciti da qui” spiega un ragazzo che da grande vuole fare il ricercatore. E la sua carriera inizia proprio su questi banchi.

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