09 aprile 2014

Selezione naturale, ecco come sopravvivono i geni duplicati

La metilazione del DNA, il principale meccanismo epigenetico di regolazione dell'espressione genica, è responsabile del mantenimento nel genoma di copie in eccesso di singoli geni. Queste copie extra sono così protette dall'azione della selezione naturale e possono rivelarsi utili anche molto tempo dopo la loro formazione(red)

Durante il normale processo di replicazione cellulare, può accadere che per alcuni geni venga prodotta una copia in eccesso. Questi geni sovrannumerari, pur essendo ridondanti, non sono eliminati da genoma e nel corso dell'evoluzione possono tornare utili, rappresentando una fonte di evoluzione del genoma stesso. La dinamica di questo fenomeno non è ancora del tutto chiara, ma ora uno studio pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS)” da Thomas Keller e Soojin Yi, entrambi del Georgia Institute of Technology, aiuta a capirne di più.

I due ricercatori hanno dimostrato che, per essere conservati, questi geni duplicati devono subire un processo di metilazione, in cui al DNA di ciascuno gene si lega un gruppo metile (o CH3), ovvero una molecola formata da un atomo di carbonio (C) e tre di idrogeno (H). Questo legame, che rappresenta il processo epigenetico più importante, non modifica la sequenza di nucleotidi caratteristica per ogni gene, tuttavia influisce sulla loro espressione. “Il nostro è il primo studio che mostra esplicitamente in che modo i processi di metilazione del DNA sono collegati all'evoluzione della duplicazione genica”, commenta Yi.

Selezione naturale, ecco come sopravvivono i geni duplicati
Rappresentazione artistica della doppia elica di DNA: la metilazione è il processo che consente ai geni duplicati di sopravvivere alla selezione naturale (© Image Source/Corbis)
La duplicazione dei geni non è un fenomeno raro: si calcola che nel genoma umano interessi circa la metà dei geni. I geni duplicati non solo sono ridondanti, ma potrebbero risultare dannosi per la cellula. La maggior parte infatti tende ad accumulare mutazioni con un tasso elevato, il che incrementa la probabilità del fatto che le copie in eccesso diventino inattive e che sul lungo periodo vengano perdute per effetto della selezione naturale.

Nella loro ricerca, Keller e Yi hanno analizzato un'ampia banca dati di coppie di geni umani in eccesso, raccolti da oltre dieci tessuti diversi.
Poi, grazie a un modello al computer, hanno studiato i collegamenti tra metilazione del DNA e geni in eccesso.

In questo modo, i due scienziati del Georgia Institute of Technology hanno scoperto che per ogni coppia, uno dei due membri è ipermetilato mentre l'altro è ipometilato. Ma il dato più rilevante è che il livello di metilazione nei geni studiati era inversamente proporzionale alla loro età evolutiva: in altre parole, i geni più giovani avevano i livelli di metilazione più elevati.

Secondo gli autori, tutto questo indica che subito dopo la formazione di geni duplicati, i gruppi metile si legano a una regione di regolazione di ciascuno di questi geni in eccesso, impedendone l'attivazione. Una volta metilato, ogni gene è protetto dalla selezione naturale e rimane dunque nel genoma in attesa che l'evoluzione trovi un nuovo modo di impiegarlo in modo utile.

Questo studio dunque aggiunge un altro importante tassello al complesso mosaico di conoscenze che riguardano il nostro genoma e sui meccanismi di regolazione, in particolare la metilazione, e il loro ruolo nell'evoluzione genetica.