07 dicembre 2015

L'origine delle particelle nei brillamenti solari

Le particelle cariche proiettate nello spazio dai brillamenti solari sono accelerate fino a velocità prossime a quella della luce in corrispondenza di una brusca discontinuità tra diverse regioni di plasma. Questo processo, noto come shock di terminazione, è stato documentato sperimentalmente per la prima volta grazie a osservazioni nello spettro radio ottenuto con il Jansky Very Large Array, un osservatorio astronomico situato in New Mexico in grado di acquisire 40.000 immagini al secondo del Sole(red)

Gli astrofisici lo chiamano "shock di terminazione". È il meccanismo fisico grazie a cui, sul Sole, l'energia magnetica rilasciata in pochi secondi durante i brillamenti è convertita in energia cinetica di particelle proiettate nello spazio a velocità prossima a quella della luce. In un articolo pubblicato su "Science", Bin Chen dell'Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics e colleghi di altri istituti statunitensi descrivono per la prima volta i particolari di questo meccanismo, previsto per via teorica ma mai osservato direttamente.

"Anche se è stato previsto da modelli teorici, è la prima volta che si ottengono immagini e video diretti che mostrano la ripetuta formazione, interruzione e nuova formazione di uno shock di terminazione, il che ci permette di collegare questo fenomeno all'accelerazione delle particelle", ha spiegato Dale Gary, ricercatore del New Jersey Institute of Technology e coautore della ricerca.

Lo studio del brillamenti iniziò nel 1859, quando l'astronomo inglese Richard Carrington ne rilevò casualmente uno mentre osservava le macchie solari. Quel brillamento e la tempesta geomagnetica che lo seguì passarono poi alla storia perché mandarono in tilt le linee telegrafiche e produssero spettacolari aurore in tutto il mondo.

L'origine delle particelle nei brillamenti solari
Immagine di brillamento solare combinata con un modello grafico del processo di accelerazione delle particelle: lo shock di terminazione si produce al limite tra la zona rappresentata in giallo/rosso e quella in blu (Credit: SDO/AIA/NASA. Elaborazione grafica: Chen, Jibben e Samra)
 
Un secolo e mezzo di osservazioni hanno permesso di stabilire che i brillamenti sono le esplosioni più violente che si verificano nel sistema solare, e la spiegazione più accettata è che abbiano origine da rapide riconnessioni magnetiche, cioè da riconfigurazioni delle linee del campo magnetico solare accompagnate da un massiccio rilascio di energia. L'altro effetto evidente, la proiezione nello spazio circostante di particelle a velocità relativistiche, trova invece una
spiegazione nello shock di terminazione.

A rendere possibile l'analisi dei processi solari è stato il Karl G. Jansky Very Large Array, un osservatorio astronomico situato in New Mexico in grado di acquisire 40.000 immagini al secondo nello spettro radio. Questo osservatorio ha catturato i fenomeni in rapida trasformazione prodotti dallo shock di terminazione nel caso di un brillamento solare che si è verificato il 3 marzo del 2012, la cui intensità è stata stimata pari a un quarto di quella osservata da Carrington.

Gli autori sono così riusciti a documentare la formazione degli shock in corrispondenza di una superficie di brusca discontinuità in cui i getti di di plasma, cioè di ioni ad alta temperatura, prodotti dal rilascio di energia delle riconnessioni magnetiche incontrano strati di plasma stazionario a più bassa quota.

"Per capire meglio i brillamenti è importante rilevare le particelle esattamente nei siti in cui vengono prodotte, il che viene fatto grazie alle osservazioni radio, che si aggiungono a quelle relative ai punti dell'ambiente solare dove la loro energia va a depositarsi e questo è il ruolo delle osservazioni nello spettro ottico, ultravioletto e X", ha concluso Gary.