Milano, 30 gennaio 2016 - 20:14

Un’app italiana per trovare lavoro
(ed essere pagati)

L’intuizione di Alessio Abbateianni: una piattaforma tra domanda e offerta di servizi professionali. Una carta di credito consentirà la remunerazione della prestazione

di Fabio Savelli

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Un po’ Booking.com perché c’è il momento del check-in e del check-out, come negli alberghi quando si presenta la ricevuta della prenotazione effettuata tramite l’agenzia online più conosciuta al mondo. Un po’ Airbnb perché l’offerente — in questo caso una hostess, una baby sitter, un idraulico, un elettricista, una badante — può rifiutare la proposta se il prezzo non è confacente alla sua professionalità. Un po’ Tripadvisor, perché il cliente finale — generalmente chi ha bisogno di sostituire un tubo del lavandino o chi sta cercando qualcuno che possa accudire i propri figli per qualche ora — può esprimere una recensione sul professionista contattato, in termini di qualità del servizio e di puntualità. Un po’ Taskrabbit, un portale che permette di far incontrare domanda di servizi e offerta di lavoro, ma senza la trattenuta del 20% di commissione che spesso scoraggia gli internauti. Un po’ — infine — Helpling, una startup tedesca che permette di prenotazione le pulizie domestiche direttamente online.

La particolarità di JoeBee — idea di Alessio Abbateianni — è il modello di pagamento. Perché gli utenti pagheranno online con i normali strumenti di pagamento (da Paypal a carta di credito), mentre chi svolge il lavoro viene remunerato in tempo reale prelevando l’importo da un bancomat tramite una carta elettronica emessa da una banca (i primi contatti sono avvenuti con Banca Sella e Unicredit).

Racconta Abbateianni che la «sharing economy» ha talmente tante potenzialità che sta disintermediando i canali tradizionali di incontro tra domanda e offerta di beni e servizi. La sua storia è particolare: ha rilevato tempo fa «Tecnovision» sull’orlo del fallimento (realizza i maxi schermi led per la pubblicità) che ora fattura milioni di euro. Una parte degli utili ha deciso di re-investirli in quella che recentemente Hillary Clinton — nel suo manifesto programmatico per la Casa Bianca — ha chiamato «gig economy», un modello economico sempre più diffuso dove non esistono più le prestazioni lavorative continuative (il posto fisso e il tempo indeterminato) ma si lavora »on demand», cioè solo quando c’è richiesta per i propri servizi o competenze.

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