04 febbraio 2016

Eliminare le cellule "vecchie" per vivere sani più a lungo

Eliminando dall'organismo le cellule che non sono più in grado di dividersi, un gruppo di ricerca è riuscito ad allungare la vita di alcuni topi e aumentarne il tempo di vita in buona salute. La procedura ha infatti dimostrato di ridurre sensibilmente l'incidenza di diversi disturbi correlati con l'età(red)

L'eliminazione dall'organismo delle cellule senescenti – ossia quelle che smettono definitivamente di dividersi – è in grado di ritardare l'invecchiamento e di aumentare la durata della vita in buona salute. La validità di questa strategia per combattere l'invecchiamento è stata dimostrata sui topi da un gruppo di ricercatori del Mayo Clinic College of Medicine che firmano un articolo su “Nature”.

Lo sviluppo della senescenza cellulare è mediato da due percorsi biochimici – chiamati percorso di p53 e percorso p16Ink4a-Rb – che portano la cellula a produrre un complesso cocktail di fattori chiamato fenotipo pro infiammatorio secretorio (SASP), il cui accumulo è legato a una vasta gamma di malattie, tra cui diabete, malattie renali e diversi tipi di cancro. Questo fenotipo, e in particolare l'elevata attività del gene p16Ink4a, permette di riconoscere le cellule senescenti.

Eliminare le cellule "vecchie" per vivere sani più a lungo
Reni, cuore e occhio sono gli organi maggiormente protetti dall'invecchiamento con l'eliminazione delle cellule senescenti, ma è più conservato anche il tessuto adiposo e l'insorgenza di vari tumori appare ritardata. (Cortesia D.J: Baker et al./Nature)
Darren J. Baker e colleghi hanno creato una linea di topi geneticamente modificati che iniziano a produrre un particolare enzima quando agli animali viene somministrato un certo farmaco. L'enzima, una caspasi, colpisce e distrugge le cellule in cui è molto attivo il gene p16Ink4a. I ricercatori hanno dimostrato che applicando questa procedura a topi di "mezza età", la durata media della loro vita era più lunga di quella dei topi non trattati e l'incidenza e la gravità di un'ampia gamma di disturbi correlati con l'età – come le disfunzioni renali, i disturbi cardiaci e la cataratta – era decisamente minore. Inoltre i topi erano più attivi e più interessati a esplorare l'ambiente. 

Tuttavia, sebbene l'eliminazione delle cellule senescenti migliori alcuni problemi legati all'età, non ha
effetto su altri, tra cui il decadimento delle prestazioni motorie, la forza muscolare e la memoria. Questo suggerisce che le cellule senescenti siano coinvolte solo nella progressione di alcune malattie, ma anche che il modello animale della senescenza usato dai ricercatori ha dei limiti: infatti l'eliminazione delle cellule p16Ink4a  non sopprime alcuni tipi di cellule senescenti, fra cui i linfociti, le cellule del fegato e quelle del colon.

Prima di passare allo  sviluppo di strategie farmacologiche per applicare questa tecnica anche all'uomo bisognerà però confermarne la sicurezza. Alcuni prodotti delle cellule senescenti hanno infatti un ruolo nell'inibizione della produzione di tessuti fibrosi, nella guarigione delle ferite e nella prevenzione del cancro.

I risultati della ricerca di  Baker e colleghi sono comunque incoraggianti, dato che nei topi in cui sono state eliminate le cellule p16Ink4a non si è manifestata alcuna difficoltà nella guarigione delle ferite, né una maggiore incidenza di casi di fibrosi o di tumori.