30 luglio 2015

I segreti della cometa svelati da Philae

Sette nuovi articoli basati su dati raccolti dal lander dell'ESA contribuscono a fare luce su 67P/Churyumov-Gerasimenko. La cometa su cui si trova Philae ha un nucleo compatto ma molto poroso, con un rapporto variabile tra polveri e ghiaccio, mentre la superficie del primo contatto è molto più soffice rispetto a quella del punto di arrivo finale, inoltre sulla superficie di 67P/Churyumov-Gerasimenko sono stati rilevati numerosi composti organici(red)

Il 12 novembre 2014 il lander Philae della sonda Rosetta dell'Agenzia spaziale europea (ESA) è arrivato sulla superficie della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, compiendo un'impresa storica e permettendo la raccolta di un'enorme quantità di dati. Ora sulla rivista “Science” sette diversi studi illustrano i risultati delle analisi approfondite di questi dati.

Nel primo studio, Jens Biele del Microgravity User Support Center (MUSC) di Colonia, in Germania, e colleghi descrivono i momenti critici della discesa di Philae, iniziata con un primo contatto alle 15:34 ora di Greenwich nel punto indicato come TD1 (touch down 1), nell'area denominata Agilkia, su una superficie soffice, che ha fatto rimbalzare il lander, proiettandolo a una notevole distanza. Philae ha ritoccato il suolo alle 17:24 nel punto TD2, rimbalzando nuovamente, per poi atterrare definitivamente alle 17:31 a poca distanza, nel punto TD3, situato nell'area chiamata Abydos. L'analisi delle differenti decelerazioni del lander durante i successivi impatti hanno permesso di stimare che la superficie di Agilkia ha una struttura granulare, è spessa circa 25 centimetri, ed è piuttosto soffice: la sua resistenza alla compressione è infatti di circa un chilopascal, mentre quella di Abydos è di circa 2 megapascal, cioè un valore 2000 volte superiore. Queste stime rappresentano una preziosa determinazione diretta della consistenza della cometa, che altrimenti sarebbe risultata molto più imprecisa.

I segreti della cometa svelati da Philae

Immagine della cometa ripresa dallo strumento ROLIS del lander Philae durante la discesa del 12 novembre 2014, a una distanza di circa tre chilometri dalla superficie (Credit: ESA/Rosetta/Philae/ROLIS/DLR)
 
Nel secondo studio, Wlodek Kofman dell'Università di Grenoble, in Francia, e colleghi hanno analizzato la composizione della cometa, grazie ai segnali elettromagnetici inviati attraverso
il nucleo cometario verso la sonda Rosetta, che si trovava in quel momento in posizione diametralmente opposta rispetto al lander. Il segnale ricevuto non presenta alcuno schema di diffusione della radiazione, indicando che l'interno della cometa è omogeneo. Un'ulteriore analisi della resistenza ai campi elettrici ha determinato il rapporto tra polveri e ghiaccio, che varia tra 0,4 e 2,6, e il livello di porosità dei materiali che costituiscono la cometa, variabile tra il 75 e l'85 per cento.

Nel terzo studio, Fred Goesmann, del Max-Planck-Institute per la ricerca sul sistema solare a Gottinga, in Germania, e colleghi hanno analizzato la composizione della cometa con lo strumento COmetary SAmpling and Composition (COSAC), progettato per identificare composti organici e contribuire così ad aggiungere nuovi dati per comprendere la storia della vita sulla Terra. Secondo alcune teorie, infatti, le prime molecole organiche sarebbero arrivate sul nostro pianeta proprio grazie alla contaminazione da parte di comete. COSAC ha raccolto campioni di materia a partire dall'ultima fase dell'avvicinamento e fino all'atterraggio finale, rilevando 16 composti organici. La presenza su una cometa di quattro di essi - isocianato di metile, acetone, propionaldeide e acetamide - era finora sconosciuta.

Nel quarto studio, collegato a quello di Goesmann, Ian Wright della Open University, a Walton Hall, nel Regno Unito e colleghi hanno analizzato i composti trovati sulla cometa usando Ptolemy, uno strumento che misura i rapporti degli isotopi stabili di diversi elementi. Le misurazioni indicano la presenza di un composto polimerico che si è formato per effetto di radiazioni ionizzanti che investe la superficie della cometa, ed escludono la presenza di composti aromatici, come il benzene.

Nel quinto studio, Jean-Pierre Bibring dell'Institut d'Astrophysique Spatiale (IAS), CNRS/Université Paris Sud, Orsay, in Francia, e colleghi, hanno analizzato la superficie di 67P/Churyumov-Gerasimenko grazie a immagini panoramiche riprese da una serie di sette fotocamere del Comet Infrared and Visible Analyser (CIVA), montato su Philae, appena dopo il primo rimbalzo del lander e l'atterraggio finale. Le immagini hanno rivelato informazioni inedite sui materiali che costituiscono la cometa: la superficie è assai fratturata, ed è caratterizzata da una granulosità molto variabile e dalla presenza di rocce con una forte riflettività nei confronti della luce.

Nel sesto studio, Stefano Mottola dell'Institute of Planetary Research a Berlino, in Germania, e colleghi hanno analizzato le immagini riprese dal Rosetta Lander Imaging System (ROLIS) durante la discesa sulla cometa, che rivelano una ricostruzione particolareggiata del paesaggio cometario. A colpire sono soprattutto le aree in cui sono evidenti i segni di processi di erosione e deposizione di tipo eolico, cioè simili a quelli provocati dal vento sul nostro pianeta. Per questo tipo di fenomeno sono state proposte diverse spiegazioni che coinvolgono per esempio gas che si formano per sublimazione del ghiaccio presente sotto la superficie, ma un modello al computer degli autori indica che esso è compatibile con la produzione di getti di materiale superficiale in seguito all'impatto con altri oggetti cosmici.

I segreti della cometa svelati da Philae
Punti di atterraggio (touch down, TD) di Philae: il primo contatto (TD1), avvenuto alle 15:34 ora di Greenwich, ha provocato un rimbalzo che ha proiettato il lander a una distanza notevole; il secondo contatto è avvenuto alle 17:24 (TD2) e ha provocato un secondo piccolo rimbalzo che ha proiettato Philae poco distante, nel punto TD3, alle 17:31 (Credit: ESA/Rosetta/NAVCAM/SONC/DLR)
Nel settimo studio, Tilman Spohn del Deutsches Zentrum für Luft- und Raumfahrt (DLR) a Berlino, in Germania, e colleghi hanno analizzato i dati raccolti da Multi Purpose Sensors for Surface and Subsurface Science (MUPUS), uno strumento dotato di diversi sensori per determinare le proprietà termiche e meccaniche della cometa. Poiché Philae, dopo i rimbalzi, è atterrato in un punto diverso da quello inizialmente previsto, i sensori non sono riusciti a penetrare la dura superficie né a rilevare in modo corretto le temperature. Gli autori hanno comunque stimato la temperatura superficiale di 67P/Churyumov-Gerasimenko durante l'esposizione al Sole, che varia tra 90 e 130 kelvin, cioè tra -183 e -143 gradi Celsius. Grazie all'analisi dell'inerzia termica e della composizione del suolo, i ricercatori hanno stabilito che la superficie dell'atterraggio finale è ricoperta da uno strato microporoso molto compatto di povere e ghiaccio, caratterizzato da una porosità del 30-65 per cento.