Mangiare il pesto è roba da matti

Il pesto "vero", quello coi pinoli, ha un costo ambientale troppo alto in questo momento. Le alternative sono più sane e altrettanto buone

C'è una cosa che odio degli chef, ed è la stessa che odio delle religioni: l'intransigenza. La crescente richiesta di pesto nel mondo sta causando danni ambientali enormi, e minaccia un delicato quanto importante ecosistema della Russia per via dello sfruttamento dei pinoli, imposto dalla diffusione del pesto, la delizia italiana facile e buona. E infatti, l'avrete notato, i pinoli costano fino a 60 euro al chilo, anche come conseguenza del fatto che un parassita ha decimato la produzione nel Mediterraneo e i cambiamenti climatici hanno fatto il resto. Fatto sta che oggi i pinoli si rubano come fossero lingotti d'oro.

Personalmente ho da tempo, e per puri motivi economici, sostituito i pinoli con le noci senza grandi perdite di gusto. Tutta la frutta secca si presta bene all'uso, anzi una ricetta vegana che adoro – e che suggerisco, magari per variare un po' - suggerisce di eliminare non solo i pinoli, ma pure il parmigiano, a favore di un mix di noci (pecan, noci, noccioline, mandorle). La cosa ha risvolti interessanti anche per la salute: "Le noci contengono omega 3 e omega 6 in un rapporto paragonabile tranquillamente a quello del miglior pesce, e sono dunque importanti per la nostra alimentazione se non mangiamo pesce almeno 2-3 volte a settimana", spiega Lucilla Titta, nutrizionista e ricercatrice dello Ieo. Insomma - come già sapevamo - variare porterebbe solo giovamenti. In più, volendo seguire un'altra variante vegan, si possono mettere gli spinaci crudi al posto del basilico, che è tra l'altro ormai fuori stagione.

Il risultato è buonissimo, ma soprattutto – ancora una volta – fa meglio dell'originale: gli spinaci sono ricchissimi di ferro, specie se consumati crudi (e purtroppo la nostra tradizione ha ben poche ricette che li comprendano crudi).

Tornando ai danni alle foreste di pini e agli animali che si nutrivano di pinoli, e che oggi invece attaccano l'uomo in cerca di cibo, il New York Times ha suggerito quello che vi ho appena finito di raccontare delle mie esperienze culinarie: sostituire i pinoli con altra frutta secca, e la cosa è ovviamente rimbalzata sui nostri media. Ma gli chef italiani non ci stanno e difendono la tradizione, costi quel che costi. Hanno ragione, o si comportano da irresponsabili? Su Repubblica, che ha dedicato paginate alla questione, Luciano Belloni - lo chef che da Genova va a Roma a fare il pesto per papa Francesco, quel papa, avete presente?, che ama il risparmio, la natura e il profilo basso - ha detto schifato che la cosa si può anche fare ma che non è più pesto. Grazie, l'avevamo capito.

Come tuttavia spiega il giornalista del NYTimes – il biologo Jonathan Slaght –, la regione da dove oggi proviene il grosso dei pinoli è una foresta pluviale temperata che copre l'1% del territorio russo, ma che contiene un quarto di tutte le specie di invertebrati oggi a rischio estinzione. Mentre un tempo persino in Asia si importavano pinoli dall'Italia, oggi questa piccola area così delicata e preziosa è la principale fonte per l'approvvigionamento mondiale, ed è vicina al collasso, portando il “vero” pesto che mangiamo oggi a un prezzo talmente alto – in termini di sostenibilità - che solo un pazzo, a saperlo, lo mangerebbe.


La risposta di un giornalista di Wired Italia: Il pesto senza pinoli? Non scherziamo