Il parto migliore è quello più sicuro.

Per certi versi è sorprendente la tendenza degli ultimi anni a voler ritornare al passato, "alle cose naturali", a "come si viveva bene una volta". Avendo studiato l'argomento non lo ritengo sorprendente ma è semplicemente il risultato della disillusione di noi uomini della nostra epoca. Belli nutriti e sani, non ci accontentiamo di stare come stiamo, diamo per scontato che basti una pillola per uccidere i batteri della polmonite ed è assodato che se ci tolgono un dente, una puntura di anestetico è sempre meglio di alcol ed un fazzoletto tra i denti.
Così cerchiamo altro.

L'altro non possiamo inventarcelo e così si è formata una folta schiera di "amanti del naturale" e del "ritorno al passato" poco curante che, in quel passato, si moriva come mosche e si considerava l'ultimo respiro come l'unica fine al dolore ed alle sofferenze. Il capitolo del naturale non lo voglio trattare qui (ora) perché ripetere che un antibiotico è del tutto "naturale" com'è "naturale" il fiore di campo è una banalità ma il pretesto del ritorno al passato (che prima o poi dovevo trattare) me lo ha dato (mannaggia a loro) un post su Facebook di UPPA ("Un pediatra per amico"), rivista (scritta da pediatri) dedicata alle mamme ed ai genitori, che ha anche un sito internet. L'affermazione è decisa e per certi versi stupefacente:

uppa

...ed allo stesso modo il sito internet è altrettanto deciso: "Il luogo migliore per partorire? Casa propria" ed il "lancio" rimanda alla pagina abbonamenti della rivista.

Ma come, le nostre nonne partorivano a casa e ne morivano a decine ed ora è la casa il posto migliore per partorire? Nei paesi poveri c'è una mortalità materna e neonatale che rasenta la strage e noi dovremmo partorire a casa? Ci abbiamo messo secoli per inventare gli antibiotici, gli anestetici e scoprire l'igiene ed ora vogliamo tornare indietro? Non è solo UPPA ad incoraggiare questo "ritorno al passato" ma ci sono anche regioni che incoraggiano (con un bonus di 800 euro) il parto in casa.

Come fanno poi i pediatri di UPPA a parlare di "certezza scientifica"? Da dove prendono tutta questa sicurezza andando contro il parere di tutte le società scientifiche ed in particolare (in questo caso, perché essendo UPPA un gruppo di pediatri è attinente) del presidente della società italiana di neonatologia?

Mi sa che è semplicemente un problema di cattiva comunicazione, del saper dire bene le cose, soprattutto quelle importanti e del limitarsi a fornire dati, senza fare proclami da reality show. Ma dato che il primo compito del medico (secondo me) è proprio informare bene e correttamente (e onestamente, aggiungo) chi si affida alla medicina, è bene essere chiari, bisogna dire le cose come stanno ma senza mezze parole o scorciatoie (e pubblicità), ne va della nostra salute. Proviamo quindi a parlare in maniera oggettiva dell'argomento, andando oltre le opinioni ed analizzando i dati a disposizione.

Seguitemi bene quindi, è necessario un po' di impegno ma alla fine ne varrà la pena.

Primo dato di fatto utile: in ostetricia alcune complicanze possono essere prevedibili ed hanno dei fattori di rischio che ne aumentano la probabilità. C'è però tutta una serie di complicanze (anche molto gravi) che sono caratterizzate da assoluta imprevedibilità (come tante cose in medicina) e queste sono quasi tutte legate al parto (non quindi alla gravidanza, il periodo che precede la nascita del bambino). Questo è importante saperlo.

Un altro dato, che può essere utile per capire, può essere il ricordare come nel passato la gravidanza ed il parto erano spesso eventi rischiosi, ricchi di complicazioni e con una mortalità altissima. Oggi, nelle nazioni moderne, questa mortalità (materna e neonatale) si è ridotta tantissimo e l'Italia (per una volta possiamo vantarci) è tra le nazioni con la più bassa mortalità al mondo. Lo stesso non accade nei paesi poveri o in via di sviluppo. In quei paesi la mortalità materna e neonatale è molto alta, raggiungendo in certe nazioni, numeri drammatici (in Chad ed in Somalia muore di parto una donna su cento, per capire è come se in un ospedale di grosse dimensioni italiano, morissero 40 donne l'anno...). Un dato è eclatante. Qual è la prima causa di morte materna durante il parto? So che istintivamente verrebbe da pensare alle infezioni ma non è così: è l'emorragia. L'emorragia post partum (eccessiva perdita di sangue dopo il parto) è un evento spesso improvviso e drammatico, non sempre prevedibile e si risolve (quando si risolve) con i farmaci o la chirurgia ed è superfluo ricordare come farmaci e chirurgia non sono rimedi che si possono tentare a casa. Non dimentichiamo le complicanze del neonato dopo la nascita, per forza di cose risolvibili sono in un ambiente attrezzato.

Ecco, abbiamo già qualche dato.
Torniamo a ciò che dicono i pediatri di UPPA. Si rifanno alle ultime linee guida del NICE (National Institute for Health and Care Excellence, un ente sanitario inglese che detta i comportamenti medici in Inghilterra) e per questo parlano di "certezza scientifica" indiscutibile (tanto che sottolineano che non si tratta di "opinioni"...), vediamo se queste indicazioni sono davvero indiscutibili e soprattutto se dicono quello che dice UPPA rimandando alla loro pagina abbonamenti.

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Iniziamo dicendo che la maggioranza degli articoli scientifici sull'argomento è concorde sul fatto che il parto in casa (che non significa partorire in una baita solitaria ma nel proprio ambiente domestico accompagnati da una persona titolata per assistere un parto) è un evento  sufficientemente sicuro (anzi, sarebbe meglio dire "il parto è un evento sufficientemente sicuro", a prescindere dal luogo in cui si partorisce), dato reale, partorire non è pericoloso, si sottolineano però alcuni aspetti critici e per questo motivo il "parto in casa" non è per tutte e non è sempre sicuro, la "certezza scientifica" (come da definizione di UPPA) del parto in casa migliore di quello in ospedale, quindi, diventa meno certa: per alcune donne con caratteristiche ben precise, il parto in casa è sufficientemente sicuro.
Il NICE ha pubblicato il suo nuovo parere nel quale ribadisce sostanzialmente le stesse cose che si leggono in letteratura scientifica, sottolineando in più che chi partorisce in casa ha un'incidenza minore di interventi medici (episiotomia, anestesia, taglio cesareo, ventosa/forcipe). Questo aspetto, pur se importante, mi sembra abbastanza scontato, chi non è in ospedale subisce meno interventi medici e ciò può essere un bene. Per questi motivi il NICE conclude che il parto in casa, in determinate condizioni, è sicuro e diminuisce le conseguenze mediche sulla donna. Naturalmente il NICE non sostiene (perché non potrebbe farlo e compirebbe un'imprudenza) come hanno fatto i pediatri di UPPA che il parto in casa sia "migliore" di quello in ospedale, sostiene quello che già sappiamo: una donna in perfetta salute può partorire dove le pare, il rischio è molto basso, chi ha una qualsiasi condizione di rischio o appartiene a certe categorie è più sicura in ospedale. Questo spiega la differenza tra i paesi senza risorse (e il mondo nell''800) e quelli ricchi (e moderni): si interviene e si usa la medicina quando serve, l'ospedale è un'opportunità di progresso e sicurezza.

Questa è l'informazione scientificamente (e logicamente) corretta.

L'istituzione inglese preme moltissimo sull'informazione alla donna, giustissimo, la scelta (informata) deve essere esclusivamente di chi partorisce e quindi invita i sanitari ad informare bene chi deve partorire sui rischi e sui benefici del parto in casa.

Le raccomandazioni del NICE non sono campate in aria ma non sono così "certe" ed assolute come il comunicato dei pediatri di UPPA.

Prima di tutto (e com'è giusto) il NICE pone alcuni limiti per la sicurezza del parto in casa, riassumiamoli:

1) Gravidanza a basso rischio: sono tutte le gravidanze in cui non vi sia nessuna patologia materna o fetale, nelle quali non sia presente un qualsiasi fattore di rischio preesistente o comparso durante la gravidanza che possa mettere in pericolo la partoriente ed il nascituro. L'elenco delle (decine) di condizioni patologiche è nel sito del NICE e si va dal diabete all'ipertensione.

2) Le donne che non hanno mai partorito (si dice "nullipare") hanno un rischio lievemente maggiore nel partorire a casa.

3) Deve essere disponibile nelle vicinanze, una struttura sanitaria adeguata.

Inoltre:
per chi non ha mai partorito, il rischio di problemi del neonato seri con il parto in casa, è quadruplo rispetto al parto in ospedale, per loro il parto in casa e sconsigliato. Non ho trovato né nelle linee guida né nelle dichiarazioni dei responsabili del NICE la raccomandazione che le donne dovrebbbero partorire "senza medico" che cita UPPA, ma forse sono io che non sono riuscito a trovare questa frase.

Gli elementi che fanno concludere al NICE che il parto in casa sia da incoraggiare sono legati al minore uso di procedure mediche: forcipe o ventosa, taglio cesareo, episiotomia (incisione della zona del perineo, per un presunto vantaggio mai dimostrato), parto analgesia (ovvero il cosiddetto "parto indolore"). Mi sembra logico che in casa non si ricorra a parto analgesia o al forcipe (strumento che in Italia non si usa più, elemento che fa capire come la realtà inglese sia diversa dalla nostra).

È molto interessante controllare le pubblicazioni che il NICE indica come riferimento per le sue conclusioni (ed il NICE le usa in particolar modo per la compilazione delle tabelle contenute nel suo documento e da mostrare alle donne in procinto di partorire), sono due, la prima conclude che: "The study is too small to make statistical comparisons of perinatal and neonatal mortality", se quindi valuta sicuro il parto in casa per la madre, non può fare altrettanto per la salute del neonato. La seconda pubblicazione conferma che il parto in casa è sufficientemente sicuro ma sottolinea ciò che ho già detto sui limiti e sulla sicurezza per alcune partorienti ed il tasso di trasferimento in ospedale per complicanze è molto alto (45% dei casi per le nullipare, 10% per le multipare, le donne che hanno già partorito in passato).

Come si vede quindi, la "certezza scientifica" che il parto in casa sia migliore di quello in ospedale è molto meno certa analizzando bene i dati ed ancora di più notando che tutti gli studi che hanno consentito di pubblicare queste raccomandazioni hanno qualità "bassa" o "molto bassa" (nel documento del NICE). Non si tratta per niente quindi di certezza scientifica né di "dimostrazione" di nulla. Sono linee guida basate su dati abbastanza generici e che ricalcano quanto già si sa sui rischi e benefici del parto in casa. Questa apparente confusione (anche se in realtà leggendo bene i dati del NICE forse si può cogliere solo un eccesso di entusiasmo nei confronti del parto in casa ma di certo nessuna condanna del parto in ospedale) nasce dal fatto che già la gravidanza ma soprattutto il parto, di fronte ad una oggettiva sicurezza e mancanza di problemi importanti, sono eventi caratterizzati dall'imprevedibilità, rarissima, del tutto eccezionale ma possibile. Per questo motivo stilare classifiche o dare certezze è molto pericoloso.

Non c'è un parto migliore, non esiste, semplicemente perché non esiste "il parto", ci sono migliaia, milioni di parti diversi e milioni di gravidanze, donne e neonati diversi, ci sono storie, scelte, percezioni ed aspettative diverse. Il parto migliore è quello più sicuro e che desidera una donna e chi disegna il parto in casa come il paradiso per tutte le donne ed i neonati commette un grosso errore, pericoloso, disonesto e, forse, mosso più da interessi personali che pubblici. È proprio una donna che ha partorito in casa che, contenta di averlo fatto, ne elenca però le differenze con il "paradiso" descritto da molte guru del naturale a tutti i costi e la sua definizione di parto è chiara, parla di evento "perfettamente imperfetto".

Per questo non deve esserci nessuna scelta "obbligata" ma deve trattarsi di una scelta informata e consapevole.

Non solo quindi ci sono donne che partorendo a casa correrebbero rischi più alti (quindi un rischio "fisico") ma ne esistono altre che non vivrebbero il parto con tranquillità (quindi un rischio "psicologico"), non si può dire ad una donna come partorire e neanche dove farlo, si può cercare di spiegare i pro ed i contro di ogni scelta e lasciarla libera, non devono esistere guru in nessun ambito, figuriamoci in un evento (fisiologico) che appartiene quasi totalmente alla donna ed in questo senso (ed il NICE lo ribadisce continuamente) l'unica sicurezza è che l'elemento più importante è l'informazione.

La letteratura scientifica è sufficientemente chiara, il parto in casa (considerandolo come evento assistito almeno da un professionista del settore, medico, ostetrica) ha molti aspetti critici e diversi studi, apparsi anche su riviste scientifiche importanti (su Lancet ad esempio), lo dicono, così come società scientifiche importanti (American College of Obstetrics and Gynecology: il parto spontaneo a casa è sicuro ma espone ad alcuni rischi, "[le donne] devono essere informate che, nonostante il rischio assoluto possa essere basso, il parto in casa programmato è associato a rischio doppio o triplo di morte neonatale rispetto al parto programmato in ospedale") ed uno studio americano su 13 milioni di parti mostra come i neonati partoriti a casa hanno un rischio di morte di dieci volte superiore, un rischio quadruplo di convulsioni neonatali e problemi neurologici rispetto ai nati in ospedale. Uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine nota come il rischio di morte o complicanza neonata le sia doppio nel parto in casa rispetto a quello in ospedale.

Ne aggiungo altre per completezza.

La Mayo Clinic (parto in casa con rischio da 3 a 4 volte di morte neonatale rispetto al parto in ospedale) e studi su realtà molto diverse tra loro, come quella Australiana (più "rurale") con altissima mortalità dei "nati in casa" e quella del RCOG (Royal College of Obstetrics and Gynecology) che sostiene il parto in casa solo per donne oltre la prima gravidanza e senza fattori di rischio (come sostiene il NICE). Ho indicato solo le raccomandazioni delle società scientifiche più importanti, delle istituzioni più note e delle riviste più prestigiose, ce ne sarebbero tante altre. Esistono anche studi che evidenziano meno rischi del parto in casa rispetto al parto ospedaliero, ma analizzando quello più noto (olandese, l'Olanda è la nazione con il più alto numero di parti in casa e la più alta mortalità neonatale, tanto che le autorità stanno incoraggiando il parto in strutture sanitarie ed il modello olandese è definito un esempio da non seguire) si nota come le conclusioni siano che in donne a basso rischio (con tutte le limitazioni che ho elencato prima), il parto in casa non aumenta il rischio di eventi avversi gravi. Naturalmente, aggiungerei, una donna senza particolari rischi ha un rischio basso (mi scuso per la ridondanza) di avere complicanze, lo abbiamo già visto, cosa che avviene maggiormente in ospedale (ed anche qui aggiungo naturalmente, in ospedale incontreremo maggiormente chi è ad alto rischio o chi ha patologie...). Sarebbe stato strano il contrario.

Non si capisce quindi la presa di posizione di UPPA, irrispettosa dell'unicità della donna e del suo bambino, che non usa cautele né spiega i dovuti limiti e rischi del parto in casa, che non avverte delle necessarie precauzioni. Stupisce ancora di più il fatto che per quanto emerge dalla letteratura, a pagare di più nei parti in casa siano i neonati (hanno un rischio maggiore rispetto alle partorienti, il "punteggio Apgar", è una scala che misura la vitalità di un neonato alla nascita, è significativamente più basso e quindi più "patologico" nei neonati nati in casa e le loro conseguenze neurologiche aumentate, rispetto a quelli nati in ospedale), aspetto che, a quanto pare, i pediatri di UPPA non hanno neanche analizzato ed il fatto che invitino ad acquistare la rivista (o ad abbonarsi) per approfondire la loro posizione non è una scusante (anzi).

Fare "statistiche" in una disciplina come l'ostetricia è pericoloso e si rischia di prendere cantonate enormi, non stiamo parlando di una malattia analizzabile con precisione con l'epidemiologia (il numero di parti in casa è molto basso e non è possibile creare gruppi di studio omogenei) e proprio per l'imprevedibilità di alcune complicazioni è "sano" e "sicuro" informare la donna che l'ospedale può offrire più possibilità di risoluzione rispetto all'ambiente domestico, buon senso, questo sconosciuto.

Lo ha scoperto tempo fa l'OMS (organizzazione mondiale della sanità) quando decise quale dovesse essere la percentuale ideale di tagli cesarei. Non più del 15%.

Secondo l'OMS, gli ospedali non dovevano superare questo limite. Ci si accorse però (ci voleva tanto?) che la percentuale limite di tagli cesarei non poteva essere fissata in maniera così netta e frettolosa. Ogni realtà ha livelli sanitari, organizzativi ed ambientali diversi. Un grande ospedale dove si concentrano le gravidanze più complicate ed a rischio avrà ovviamente un più alto numero di tagli cesarei rispetto ad un piccolo ospedale con pochi parti e gravidanze completamente fisiologiche. Per questo motivo sarebbe sorprendente (e forse pericoloso) un ospedale di alto livello con una percentuale troppo bassa di cesarei come sarebbe sospetto un piccolo ospedale con troppi. Per capirci ancora meglio, in alcuni paesi centro africani c'è una percentuale di tagli cesarei del 2% circa. Significherebbe che l'ostetricia in queste nazioni toccherebbe la perfezione e sarebbe scientificamente inappuntabile.

No, purtroppo no, significa che fare un taglio cesareo in Zambia o in Niger è un costo impossibile da affrontare, mancano mezzi, soldi, strutture, professionisti e farmaci (esattamente come da noi 200 anni fa) ed in mancanza di questo si rischia. E si muore.

Per questo motivo l'OMS ha fatto un passo indietro ed ha (giustamente) corretto il tiro: la percentuale corretta di tagli cesarei è quella che serve e si può valutare conoscendo la realtà che analizziamo, ognuno ha la sua. "Sia un tasso troppo alto che un tasso troppo basso di cesarei può essere pericoloso" e ribadisce che il tasso ottimale di cesarei è sconosciuto lasciando ad ogni paese la decisione più opportuna.

Allo stesso modo, tornando all'argomento iniziale, non possiamo parlare di parto esente da rischi al 100%, non è corretto parlare di "parto migliore" e soprattutto non è corretto dare informazioni parziali, trasformate e non corrispondenti a realtà, basti pensare che nel Regno Unito (dove ha sede il NICE) il "parto in casa" è programmabile tramite l'ospedale e sotto controllo dello stesso, con personale autorizzato e adatto, con strutture di emergenza pronte, cose che da noi non esistono e visto che le tragedie possono avvenire a casa come in ospedale, quale sarebbe la scelta migliore? Quella del buon senso che dovrebbe avere ogni professionista della salute unito alle evidenze scientifiche, perché un medico o un'ostetrica se si basano sulla scienza sono professionisti, se si basano sulle credenze popolari sono mammane.

Ecco, il buon senso (basato sulla scienza) ci dice che se una gravidanza è del tutto fisiologica, non presenta condizioni di rischio, si è già avuto un parto (ed in caso di emergenza si ha a disposizione un ospedale nelle vicinanze ed un modo per raggiungerlo velocemente) e si è assistiti da personale competente, il parto in casa è sufficientemente sicuro e non causa particolari problemi rispetto ad altri luoghi di parto, spesso si ottiene anzi un minor intervento medico che in ambiente ospedaliero tende ad essere più presente. In tutti gli altri casi e nel caso in cui la donna non si sentisse sufficientemente tranquilla, sono a disposizione gli ospedali e quelli italiani offrono un livello assistenziale eccellente che inizia con l'ostetrica e finisce con il medico in caso di patologie. Il livello professionale di chi si occupa di maternità negli ospedali italiani è altissimo, la mortalità materno-infantile è tra le più basse al mondo. Abbiamo ostetriche (del servizio pubblico, formate dalle nostre università) completamente dedite al loro lavoro, competenti e capaci, molte di queste giovani, che affiancano con il loro entusiasmo l'esperienza delle più anziane. Abbiamo medici altamente specializzati, in ostetricia, nella diagnosi prenatale, in chirurgia, si offrono strutture moderne ed avanzate e la maggioranza delle donne che partoriscono vivono un'esperienza bellissima, totalmente distante dall'incubo che persone interessate vogliono fare credere ed è proprio questo il motivo che mi ha spinto a scrivere questo articolo, se "l'appello" fosse stato lanciato da una rivistina di gossip o cronaca rosa, ok, sarebbe parte del folklore del "naturale a tutti i costi", ma quello di cui ho parlato è un'affermazione di un gruppo di pediatri, di medici che tutto dovrebbero fare tranne che cavalcare le mode in cerca di click.

Ognuna quindi ne tragga le conclusioni che ritiene più corrette e soprattutto più adatte al proprio caso.

Informandosi, senza guru e senza sentirsi in dovere di andare alla pagina abbonamenti.

..:::..

BIBLIOGRAFIA:

-- Statement del NICE: qui.

-- Linee guida complete del NICE sulla gravidanza (.pdf più di 800 pagine): qui.

-- Un articolo sui risultati dell'analisi dei dati del CDC (Center of Disease Control, ente statunitense di controllo sanitario): la mortalità neonatale nel parto in casa è tripla o quadrupla rispetto a quella nel parto in ospedale.

[articolo aggiornato dopo la sua pubblicazione iniziale]

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101 commenti RSS

  • Clo, il blog de Le Scienze è antiquato e non è possibile selezionare un thumbs up.
    E quindi te lo scrivo.