28 aprile 2015

Il contributo umano agli eventi meteo estremi

Il 18 per cento di tutte le precipitazioni eccezionalmente intense e il 75 per cento delle ondate di calore che si verificano oggi sono attribuibili al riscaldamento globale provocato dalle attività umane. Ma se l'aumento delle temperature arrivasse ai 2 °C, l'impatto dell'uomo sul clima sarebbe responsabile del 40 per cento di tutte le piogge in grado di innescare eventi alluvionali(red)

Il 75 per cento delle ondate di calore e il 18 per cento circa delle precipitazioni estreme che avvengono attualmente nel mondo sono attribuibili al riscaldamento globale determinato in gran parte dalle attività umane. E la probabilità di questi eventi estremi non aumenta in modo lineare: un ulteriore riscaldamento fino a 2 °C rispetto alle medie preindustriali, comporta per esempio una probabilità doppia di precipitazioni estreme rispetto a un riscaldamento di 1,5 °C.

In pratica, con un aumento di 2 °C, ben il 40 per cento delle precipitazioni estreme sarebbe da attribuite al cambiamento del clima di origine antropogenica. A sostenerlo è uno studio condotto da Erich Markus  Fischer e Reto Knutti del Politecnico di Zurigo e pubblicato su “Nature Climate Change”.

Le prove del progressivo aumento delle temperature globali continuano ad accumularsi, e così pure quelle che indicano che buona parte di esso è dovuto alle attività umane. Tuttavia, il collegamento tra l'aumento di frequenza di eventi meteorologici estremi (come ondate di calore, inondazioni e siccità) e l'aumento delle temperature finora è stato  sostenuto da considerazioni prevalentemente di carattere generale: per esempio, temperature più elevate e più elevati livelli di umidità nell'atmosfera rendono più facile lo scatenarsi di forti precipitazioni.

Il contributo umano agli eventi meteo estremi
Variazioni nelle probabilità di piogge estreme (in alto) e ondate di calore (in basso) in tre differenti scenari climatici: pari a quello attuale (a sinistra), con un aumento di 2 °C (al centro) e di 3 °C (a destra). Il valore 1 corrisponde alla probabilità in epoca preindustriale (Cortesia E.M. Fischer, R. Knutti/Nature)
Per dare un fondamento più solido all'affermazione è necessaria una accurata valutazione quantitativa della correlazione fra aumento delle temperature globali e aumento della frequenza degli eventi estremi.

Fischer e Knutti hanno cercato di calcolare a livello globale la frazione di rischio attribuibile all'intervento umano, analizzando le temperature e le precipitazioni totali giornaliere
relative al periodo 1901-2005. Come eventi estremi i ricercatori hanno preso in considerazione quelli che, in una determinata area, si verificano in media una volta ogni 1000 giorni (circa una volta ogni 3 anni). Hanno poi confrontato questi dati con quelli delle proiezioni di 25 differenti modelli climatici per il periodo 2006-2100.

Fischer e Knutti avvertono però che le mappe di probabilità di aumento del rischio di eventi estremi che hanno ottenuto non sono applicabili a singoli eventi, ossia non è possibile dire se uno specifico evento sia imputabile al riscaldamento di origine antropica, o no. Quanto agli effetti di queste anomalie meteorologiche, possono variare molto da luogo a luogo e da un anno all'altro, poiché dipendono da vari fattori, per esempio la presenza di El Niño/Southern Oscillation.

Tuttavia queste mappe (e i loro eventuali raffinamenti su scala locale) possono essere molto utili per ridurre i possibili danni mettendole in relazione con le mappe di vulnerabilità dei vari territori. Dalle mappe finora realizzate dai ricercatori risulta che particolarmente a rischio sono i tropici e molti stati insulari.